Potrebbero esserci alcuni tratti di genoma di retrovirus ancestrali contenuti da sempre nel Dna umano tra le cause di due sindromi infiammatorie che colpiscono i bambini, la Mis-c, acronimo di Sindrome Infiammatoria Multisistemica, e la malattia di Kawasaki.
Portano a questa ipotesi i primi risultati della ricerca a cui sta lavorando la Pediatria di Area Nord dell’Azienda Usl di Modena diretta dal dottor Francesco Torcetta, insieme all’IRCCS Policlinico di Sant’Orsola di Bologna e al Policlinico Tor Vergata di Roma. Tra i firmatari dello studio, pubblicato su International Journal of Molecular Science, prestigiosa rivista internazionale di settore, la dottoressa Elena Corinaldesi, pediatra dell’Ospedale Ramazzini di Carpi, e lo stesso dottor Torcetta, oltre a Marianna Fabi, principal investigator dello studio, pediatra del Sant’Orsola.
Le evidenze preliminari presentate nella pubblicazione scientifica potrebbero avere risvolti importanti dal punto di vista immunologico, portando a nuove conoscenze sulla immunopatogenesi delle due condizioni infiammatorie che colpiscono i bambini, ed avere ipotetici risvolti anche nell’iter diagnostico e terapeutico di queste due malattie, di cui si è parlato molto durante la fase pandemica. In particolare, la Mis-c è una risposta iper infiammatoria scatenata a seguito del contatto con un virus, principalmente il Sars-CoV-2, in soggetti predisposti geneticamente, mentre la malattia di Kawasaki è una vasculite che può interessare maggiormente i bambini sotto i 5 anni di vita con aumentata possibilità di complicanze cardiache se non trattata entro i dieci giorni dalla comparsa dei sintomi.
Il progetto di ricerca, multicentrico, ha coinvolto anche casi di bambini ricoverati nel reparto di Pediatria dell’Ospedale Ramazzini di Carpi e ha consentito di notare, durante la fase acuta di queste due malattie, una concentrazione, significativamente più elevata rispetto ai controlli sani, di tratti di genoma prodotti da retrovirus umani endogeni, ovvero virus ancestrali inseriti da sempre nel DNA umano.
“Questo primo risultato è frutto di un lavoro di squadra molto importante – spiega la dottoressa Corinaldesi – che proseguirà ampliando il campione di dati e cercando conferme su quanto le prime evidenze ci hanno consentito di ipotizzare. Stabilire con certezza i co-fattori che concorrono all’insorgenza delle due sindromi rimane tuttora un campo aperto di ricerca ma con questo studio abbiamo aggiunto un ulteriore tassello al puzzle che sottende alla causa di queste due malattie infiammatorie pediatriche, con ipotizzabili risvolti futuri anche da un punto di vista diagnostico e terapeutico”.