A Carpi, fino alla seconda guerra mondiale, era presente una fiorente filiera della canapa, una realtà del tutto perduta che potrebbe però rappresentare una preziosa opportunità sia per migliorare l’ambiente che per creare nuove opportunità economiche in una città, la nostra, sempre più impoverita. Ed è proprio per rilanciare e promuovere la conoscenza delle proprietà e delle numerose applicazioni industriali della canapa (ndr – stiamo parlando della Cannabis Sativa L. dal bassissimo contenuto di THC di cui è ammessa la coltivazione senza alcun vincolo) e spiegare le ricadute ambientali, economiche e di sviluppo che la produzione e la trasformazione di questo materiale potrebbero comportare per il nostro territorio, che in città alla fine del 2021 è nato il Comitato ProCanapa. La Canapa, che cresce in fretta e con poca acqua, oltre a migliorare la fertilità dei terreni, e dunque perfetta per la rotazione agraria, è anche un ottimo sistema per assorbire e stoccare la CO2 presente in atmosfera. Un ettaro di canapa assorbe CO2 al pari di 2-4 ettari di bosco, ma se quest’ultimo per svilupparsi ha bisogno di anni (30-50), la Canapa si semina e si raccoglie in soli 4-5 mesi.
Il distretto della moda di Carpi, da anni in sofferenza, anche alla luce delle più recenti direttive europee sulla moda sostenibile, potrebbe rifiorire grazie alla creazione di una filiera corta di questa pianta prodigiosa che i nostri nonni hanno coltivato con tanta fatica. Un obiettivo che, oggi, sta diventando possibile grazie all’impegno e all’intraprendenza dei componenti del Comitato ProCanapa, tra gli ideatori di Water Retting 4.0 Sviluppo e sperimentazione di un bioreattore industriale per l’estrazione della fibra di canapa e la produzione sostenibile di tessuti e materiali per l’edilizia. Il progetto – il cui ente capofila è il Centro qualità tessile di Carpi in collaborazione con l’azienda agraria-sperimentale Stuard di Parma, i laboratori Crea e Studiomm e Democenter – dopo aver ottenuto, anche grazie all’appoggio di Carpi fashion system, un finanziamento regionale di quasi 500mila euro sta infatti prendendo forma. “Abbiamo preso contatto con vari agricoltori di Modena, Parma, Ferrara e Bologna che si sono resi disponibili a ridare slancio alla coltivazione di questa coltura storica, peraltro estremamente rinvigorente per il suolo e pertanto ottimale per effettuare la rotazione dei terreni. In questo modo – spiega il tecnico Emilio Bonfiglioli del Centro Qualità Tessile nonché componente di ProCanapa – vogliamo cercare di sopperire alla mancanza di materia prima italiana; oggi, infatti, tutti i filati di canapa giungono qui dalla Cina”. Dopo gli agricoltori, a essere coinvolti sono stati ricercatori che avevano già compiuto dei progetti sperimentali legati alla coltivazione della canapa, in particolar modo per sfruttarne i semi e allargare il loro lavoro anche al trattamento della fibra per arrivare così al filato. La pianta si compone di due elementi principali: le cime, che contengono i principi attivi (CBD) e i semi, lo stelo da cui si ricava la fibra (circa il 25% della biomassa) e la restante, la parte legnosa, definita canapulo. “A Parma vi è un impianto per la decorticazione della canapa: la corteccia esterna è ciò che serve a noi – prosegue Bonfiglioli – mentre i canapuli saranno destinati a una società modenese che si occupa di bioedilizia. La corteccia un tempo veniva fatta macerare in vasche aperte, un procedimento lungo durante il quale si liberavano cattivi odori, per ovviare a tali inconvenienti ci siamo avvalsi della competenza dei ricercatori del Crea di Fidenza che hanno sperimentato l’uso di particolari enzimi in grado di accelerare il processo di macerazione riducendo in modo significativo le esalazioni maleodoranti”. Tale procedimento inizierà nel mese di maggio a Parma all’interno di un bioreattore, composto da vasche poste sotto pressione, dopodiché le fibre andranno convogliate verso due o tre filatoi che si sono resi disponibili. “Il nostro intento – dichiara Bonfiglioli – è quello di fare una sperimentazione semi industriale per produrre dai 100 ai 200mila chili di fibra da filare. L’obiettivo è quello di avere i primi chili già a partire dall’estate”.
La realizzazione di tale progetto può contribuire alla nascita di una filiera territoriale della canapa completa: sarebbe la prima in Emilia Romagna, con evidenti benefici per l’economia locale, per gli operatori in campo produttivo e agricolo e per imprimere un significativo contributo alla necessaria trasformazione ecologica della nostra economia. E per fare del distretto un centro di avanguardia per la moda sostenibile, attraverso la realizzazione di “un prodotto locale competitivo, naturale, sostenibile, anallergico e più resistente del cotone”, conclude Emilio Bonfiglioli.
Jessica Bianchi