Le imprese familiari italiane sono alla base della nostra economia: istituite con la riforma del diritto di famiglia del 1975 vi collaborano, in modo continuativo, il coniuge e i parenti entro il terzo grado. Uomini e donne, mogli con mariti, padri con figli che hanno affollato la Sala delle Vedute di Palazzo Pio martedì 5 marzo a Carpi partecipando all’evento Impresa e famiglia organizzato da Lapam Confartigianato. Ospiti Giulio Sapelli, professore emerito di Storia Economica e mons. Ermenegildo Manicardi, vicario generale della Diocesi di Carpi.
Al nodo fondamentale del ricambio generazionale ha accennato il prof. Sapelli sottolineando che “nell’Occidente capitalistico, soprattutto in Europa, e ancor di più in Italia, negli ultimi vent’anni sono stati fatti errori radicali da parte degli imprenditori delle imprese familiari nella successione, ad esempio facendo studiare ai figli economia finanziaria o privilegiando l’istruzione universitaria invece di permettere ai figli di seguire le loro passioni scegliendo magari un sano Istituto Tecnico per diventare bravissimi periti industriali come chi vi parla. Io ho fatto lo studente serale e poi sono diventato un professore e ho insegnato in tutte le università del mondo. Non dobbiamo farci abbindolare alla narrazione neocapitalistica per cui è più bello mandare i figli alle università private piuttosto che a quelle pubbliche dove i professori tra l’altro scrivono più pubblicazioni”.
Per il prof. Sapelli il problema essenziale è quello della successione. “il mainstream, la teoria economica dominante, secondo cui la produttività è figlia della dimensione, non ha nessun valore scientifico. Calvo e altri grandi economisti hanno dimostrato che la produttività è frutto della crescita di cui possono usufruire tanto le grandi come le piccole e medie imprese. Le nuove tecnologie danno poi alla piccola e media impresa con l’abbassamento dei costi di transazione, di tempo e spazio, un’enorme opportunità che spesso le grandi industrie non sanno utilizzare perché sono poco flessibili. E perché sono poco flessibili? Perché sono fondate sul ruolo mentre la piccola e media impresa è fondata sulla persona e sulle relazioni personali.
Se mettiamo insieme felicità e intelligenza nella successione vedrete che molti dei problemi saranno superati”.
Mons. Manicardi ha esplorato le implicazioni etiche che derivano dalla dottrina sociale della Chiesa facendo riferimento alla sussidiarietà, in base alla quale colui che è grande aiuta quello piccolo a crescere senza sovrapporsi. È anche il principio con cui gestiamo la chiesa: le diocesi non devono soffocare le parrocchie, senza le parrocchie le diocesi non sono nulla.
“Immagino che in questo momento storico, in una società globalizzata e con l’avvento dell’intelligenza artificiale che rischia di produrre una useless class cioè un proletariato inservibile, sia molto difficile salvare le piccole e medie imprese ma la Chiesa sarà sempre al loro fianco: esprimono valore, hanno una forte struttura e si basano su veri rapporti umani. Questa è la radice dell’impresa familiare. Come operare in un mondo complesso come il nostro io non lo so, non sono un economista, ma certamente mi sta a cuore che non si perda questo valore. La società familiare nasce dall’amore tra un uomo e una donna che diventano anche impresa: mi sembra che ci sia un valore tale che non deve andare disperso anche se oggi sistemi più imponenti e transnazionali sembrano vincenti.
Un bel momento di riflessione di carattere economico ma anche sui valori fondanti dell’imprenditoria familiare che continua a essere il motore del processo di sviluppo del Paese.
Sara Gelli