“Come ho già avuto modo di dire, ho il massimo rispetto di tutte le opinioni e di tutte le istanze, quando espresse con correttezza, su un tema così importante e delicato come quello del fine vita. Non posso dunque che ribadire tale approccio anche rispetto alla dichiarazione della Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna, come peraltro avevo già rappresentato al presidente della Cei, il cardinale Matteo Zuppi, nei giorni scorsi. Resto disponibile a ogni occasione di approfondimento e contributo, certo come sono che dal confronto possano venire reciproca comprensione e collaborazione, come sempre accaduto con i vescovi dell’Emilia-Romagna”.
Così il presidente della Regione, Stefano Bonaccini, che prosegue: “Quanto al merito, non posso che ribadire quanto espresso: le sentenze della Corte Costituzionale si applicano, come prescrive la Costituzione italiana. Possono certamente essere discusse e non condivise, ma non disattese, in ossequio al principio di legalità”.
“Come noto, la Corte Costituzionale si è pronunciata per colmare un vuoto sulla materia prodotto dall’inerzia prolungata del Parlamento. E lo ha fatto, ancora una volta, chiedendo alle Camere di legiferare, di discutere e approvare una legge nazionale. E questo è anche il mio auspicio”.
“Nell’attesa che ciò avvenga – prosegue Bonaccini – la Regione Emilia-Romagna ha disposto con propri atti amministrativi le concrete modalità di accesso all’istituto del suicidio medicalmente assistito, mettendo le strutture del servizio sanitario pubblico – indicate dalla Consulta stessa – nelle condizioni di garantire questo diritto al malato, attenendosi scrupolosamente ai dettami precisi fissati dalla sentenza dell’Alta Corte. E lo ha fatto perché ciò è dovuto in uno Stato di diritto, scongiurando viceversa quanto altrove già accaduto e ancora rischia di accadere: che un paziente, peraltro in condizioni drammatiche, debba ricorrere al giudice ordinario per vedersi riconosciuto quello che, va ribadito, è un diritto ora sancito dalla Corte costituzionale. Sono certo- chiude il presidente della Regione- che sul principio di legalità anche la Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna non possa che convenire”.
La Conferenza Episcopale dell’Emilia-Romagna riunitasi in assemblea il 29 febbraio a Roma ha diramato una nota nella quale si legge come “procurare la morte, in forma diretta o tramite il suicidio medicalmente assistito, contrasta radicalmente con il valore della persona, con le finalità dello Stato e con la stessa professione medica. La proposta della Regione Emilia-Romagna di legittimare con un decreto amministrativo il suicidio medicalmente assistito, con una tempistica precisa per la sua realizzazione, presumendo di attuare la sentenza della Corte Costituzionale 242/2019, sconcerta quanti riconoscono l’assoluto valore della persona umana e della comunità civile volta a promuoverla e tutelarla… Esprimiamo con chiarezza la nostra preoccupazione e il nostro netto rifiuto verso questa scelta di eutanasia, ben consapevoli delle dolorose condizioni delle persone ammalate e sofferenti e di quanti sono loro legati da sincero affetto. Ma la soluzione non è l’eutanasia, quanto la premurosa vicinanza, la continuazione delle cure ordinarie e proporzionate, la palliazione, e ogni altra cosa che non procuri abbandono, senso di inutilità o di peso a quanti soffrono”.