“Sono molto preoccupata” ammette Paola Fregni, architetto, dirigente comunale in pensione, fino al 1999 alla guida del Settore Edilizia e Urbanistica del Comune di Carpi. Si riferisce alla questione di via Bersana dove è prevista la costruzione di sette unità abitative all’interno dell’area che circonda la settecentesca villa Meloni (poi Benassi) dove sono destinati alla demolizione tutti gli edifici compresi l’antico caseificio in disuso della fine Ottocento-inizi Novecento e l’abitazione riconducibile allo stesso periodo. Si tratta di un angolo di Santa Croce caro ai carpigiani e la cui incantevole bellezza potrebbe essere pregiudicata dall’intervento di edilizia privata.
L’antico caseificio e il villino non sono vincolati dalla Soprintendenza che ha protetto la villa settecentesca e il parco che la circonda ma “durante l’esperienza maturata nel periodo in cui lavoravo nel Settore Edilizia e Urbanistica ricordo di un caso in cui lo stesso Comune di Carpi fece ricorso alla Soprintendenza perché era a rischio di demolizione un edificio pregevole di circa un secolo fa e che, se ben ricordo, è stato salvato. In quel caso la Soprintendenza si era mossa tempestivamente grazie al fatto che il Comune aveva fornito la documentazione necessaria. Per consentire l’apposizione del vincolo è necessario poter disporre di una relazione storica che testimoni la presenza di elementi di valore tali da meritare di essere preservati.
Nel caso la Soprintendenza, dopo la demolizione della porcilaia, potrebbe chiedere di fermare i lavori in attesa di fare degli approfondimenti. A maggior ragione se si considera che il Comune di Carpi, pur non avendolo fatto prima, ha posto un vincolo sull’edificio accanto alle porcilaie nel nuovo Pug che entrerà in vigore dal prossimo anno. Un vincolo simile a quello dei villini dell’area Pallotti tra via Niccolò Biondo e via Ariosto, realizzati dopo l’abbattimento delle mura. La tipologia edilizia è la medesima e la si ritrova anche in un’altra struttura all’interno di un ex caseificio in via Cavata all’angolo con Stradello Donella già vincolato anche nell’attuale Prg: anche in questo caso si tratta di case strette e alte con il caseificio e le porcilaie. Il vincolo trova la sua ragione nel fatto che siamo in presenza di un valore storico-testimoniale più che architettonico”.
L’altro aspetto che affronta l’architetto Fregni è relativo al progetto. “La possibilità di recupero di edifici non residenziali in zona agricola – spiega – è stata introdotta con la variante degli anni Novanta nell’intento che venissero recuperati gli edifici non più utilizzati per l’attività agricola. Col nuovo Pug non sarà più possibile il recupero di edifici non residenziali ma sarà possibile recuperare solo ciò che si configura come residenza: per questo era necessario presentare il progetto prima dell’adozione del Pug perché altrimenti la proprietà non avrebbe potuto recuperare i volumi delle porcilaie e del caseificio”. Ciò detto, “è il progetto che lascia perplessi perché le case a schiera non sono compatibili con il contesto della campagna. L’art.87 del Prg, che riprende le linee guida della Regione “Linee guida per la tutela, valorizzazione, ricostruzione del paesaggio rurale nella basa pianura emiliana – Paesaggi da ricostruire”, nel caso di nuove costruzioni e ristrutturazioni in territorio rurale impone il riferimento a tipologie architettoniche e compositive tipiche del paesaggio rurale. In questo caso invece si è importata in campagna una tipologia edilizia tipicamente urbana: le case a schiera sono tipologie edilizie della città ma in campagna non ce ne sono mai state.
Le tipologie edilizie tipiche del paesaggio rurale sono quelle censite dal Prg e tutelate a partire dalla casa colonica a elementi contigui con portico (porta morta), residenza da una parte e servizi dall’altra oppure la tipologia a corpi separati (due edifici separati). Da lì si dovrebbe partire per concepire eventuali case con due o più alloggi e con aree cortilive comuni. In contrasto con il contesto agricolo sono previsti per ogni casa un passo carraio e un’area cortiliva recintata come per le tipiche ville a schiera urbane”.
Non tutto è perduto ma per l’architetto Fregni “l’amministrazione dovrebbe fare di tutto per salvaguardare ciò che ha previsto nel Pug e per non rovinare un pezzo importante del nostro paesaggio che andrebbe recuperato, restaurato e non ulteriormente modificato secondo canoni estranei”.
Sara Gelli