Una settimana di attesa per essere operata dopo una frattura scomposta all’omero

Ora, con una placca di 15 cm nell’omero e una decina di viti, la nostra concittadina è tornata a casa ma l’esperienza vissuta ha lasciato il segno: “sono conscia che in occasione degli scioperi sono garantite le prestazioni essenziali, mentre i servizi programmabili possono subire riduzioni, ma il punto è un altro. Mi è capitato in passato di essere ricoverata all’Ospedale Ramazzini e devo dire che il modo in cui sono stata assistita a Carpi è stato ineccepibile rispetto a quanto ho sperimentato a Modena. Non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi col chirurgo, le informazioni erano sempre vaghe e anche quando ho chiesto una mano per cambiarmi perché ero sudata e non mi sentivo bene sono stata trattata con sufficienza. Il sistema sanitario sta davvero andando in pezzi”.

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L’odissea di una nostra concittadina è iniziata domenica 15 ottobre quando si è presentata al Policlinico di Modena con una frattura scomposta all’omero. Dopo le lastre di rito si è sentita dire che l’avrebbero potuta ricoverare ma che l’intervento non sarebbe stato possibile fino alla giornata di venerdì. “Avevo il braccio immobilizzato da un tutore, il dolore era fortissimo e da sola non riuscivo a fare nulla, non potevo credere alle mie orecchie. Di fronte alle mie rimostranze mi hanno detto che qualche giorno di attesa non avrebbe fatto la differenza e quindi ho rifiutato il ricovero e me ne sono tornata a casa per trascorrere la domenica con la mia famiglia e fare ritorno presso il Reparto di Ortopedia il lunedì”, spiega. Il 16 ottobre si è ripresentata al Policlinico e dopo aver trascorso la mattinata in attesa, valigia alla mano e pronta per essere ricoverata, “mi hanno comunicato che non c’erano letti a disposizione e se volevo potevo rivolgermi a un altro ospedale. Poi, dopo avermi inserita tra le urgenze, mi hanno semplicemente rimandata a casa”. Il mercoledì la signora è stata ricontattata per avvertirla che il giovedì si sarebbe dovuta sottoporre a tutti gli esami preparatori in vista dell’intervento del giorno successivo. “Il venerdì mattina, 20 ottobre, digiuna, mi sono presentata in reparto dove, con enorme sconcerto, ho scoperto che a causa di uno sciopero del personale sanitario l’operazione sarebbe ulteriormente slittata. La giornata di sabato è stata nuovamente un’epopea, mi sono sentita sola e in balia degli eventi. Nessuno mi dava informazioni, non sapevo se e quando sarei stata operata e nel frattempo non potevo né bere, né mangiare. Tra le varie giustificazioni addotte mi hanno detto che non c’erano sale operatorie a disposizione e che quindi dovevo attendere che la lista delle urgenze si snellisse fino al mio turno. Poi, finalmente, alle 17 del sabato sono andata sotto ai ferri. Ero estenuata”. Ora, con una placca di 15 cm nell’omero e una decina di viti, la nostra concittadina è tornata a casa ma l’esperienza vissuta ha lasciato il segno: “sono conscia che in occasione degli scioperi sono garantite le prestazioni essenziali, mentre i servizi programmabili possono subire riduzioni, ma il punto è un altro. Mi è capitato in passato di essere ricoverata all’Ospedale Ramazzini e devo dire che il modo in cui sono stata assistita a Carpi è stato ineccepibile rispetto a quanto ho sperimentato a Modena. Non ho mai avuto la possibilità di confrontarmi col chirurgo, le informazioni erano sempre vaghe e anche quando ho chiesto una mano per cambiarmi perché ero sudata e non mi sentivo bene sono stata trattata con sufficienza. Il sistema sanitario sta davvero andando in pezzi”.
Jessica Bianchi 

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