Tumore al collo dell’utero, cambia lo screening ma non per tutte

Da quest’anno la chiamata per lo screening del tumore del collo dell’utero è stata rimodulata dalla Regione e riguarda le giovani donne che nel 2023 compiono 25 anni e che hanno ricevuto due dosi di vaccino contro il Papilloma virus (Hpv) prima dei 15 anni. Per loro l’ingresso nel programma viene posticipato a 30 anni quando si sottoporranno direttamente al test Hpv e non più al Pap Test.

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Francesca Tortolani, responsabile del programma modenese dello Screening Tumore del collo dell'utero

5 minuti tra cinque anni, recita così il claim della campagna di comunicazione che la Regione Emilia-Romagna rivolge alle venticinquenni per lo screening del tumore del collo dell’utero. Da quest’anno, infatti, la chiamata per lo screening è stata rimodulata dalla Regione e, spiega la ginecologa Francesca Tortolani, responsabile del programma modenese dello Screening Tumore del collo dell’utero, “riguarda le giovani donne che nel 2023 compiono 25 anni e che hanno ricevuto due dosi di vaccino contro il Papilloma virus (Hpv) prima dei 15 anni. Per loro l’ingresso nel programma viene posticipato a 30 anni quando si sottoporranno direttamente al test Hpv e non più al Pap Test”. Tale cambiamento, prosegue la dottoressa, nasce dal fatto che queste ragazze presentano un “rischio bassissimo di sviluppare un tumore maligno o delle lesioni significative prima dei 30 anni, pertanto posticipare il loro ingresso nel programma di screening è sicuro. Un cambio di passo reso possibile dall’ottima integrazione tra prevenzione secondaria, quella offerta dallo screening, e la primaria assicurata dalla vaccinazione”. 

Ma ritardare lo screening non rischia di compromettere la rilevazione precoce di lesioni non causate dal Papilloma virus?

“I vari ceppi di Papilloma sono i responsabili di circa l’80% delle lesioni più significative. I casi di tumore nelle donne vaccinate e giovani, dove il rischio di per sé è già basso di base, sono davvero molto ridotti. Inoltre, fare il test prima dei 30 anni potrebbe evidenziare alterazioni di basso grado e capaci di regredire da sole nella maggior parte dei casi che però, una volta rilevate richiedono trattamenti anche invasivi che sarebbero inutili. In un certo senso ora le proteggiamo da un over diagnosi e da un sovratrattamento con la certezza che comunque non sfuggiranno lesioni significative”.

Quindi la ratio di tale rimodulazione non ha nulla a che vedere col contenimento dei costi…

“L’idea era nell’aria da tempo e legata al successo della campagna vaccinale. Il cambiamento era previsto ma è stato introdotto solo dopo aver valutato i dati relativi all’efficacia del vaccino e a fronte di un alto tasso di adesione. Nel modenese la vaccinazione esiste dal 2008 e oltre il 70% delle nate nel 1998 vi ha aderito. Numeri che hanno consentito di promuovere tale cambiamento a livello regionale. Ricordo che il vaccino è gratuito per le femmine fino ai 26 anni e per i maschi fino ai 18”.

Alle donne dai 25 ai 29 anni nate prima del 1998 e alle nate dal 1998 in poi se non vaccinate con almeno due dosi di vaccino HPV entro i 15 anni lo screening prevede invece il Pap-test ogni tre anni mentre per le donne dai 30 ai 64 anni è previsto l’HPV test ogni cinque.

J.B.

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