Ha “debuttato” da poche settimane sui social ma la pagina Facebook Natura Morta – Carpi ha immediatamente attirato la nostra attenzione. Semplice e immediata racconta il verde che fu della nostra città in modo potente, mostrando numerosi scorci e viali prima del passaggio delle motoseghe pubbliche e private. Poche parole e tante immagini per rivendicare con forza la necessità di mettere un freno al taglio indiscriminato del verde per salvaguardare la qualità della vita e dell’ambiente. Limitarsi a considerare Natura Morta – Carpi un semplice memoriale o una mera operazione nostalgia sarebbe però un errore: questa pagina infatti offre un prezioso spunto di riflessione, uno stimolo a fare meglio e a sollecitare l’amministrazione comunale a porre rimedio a falle da troppo tempo ancora aperte, a partire dalla mancanza di un Regolamento del Verde Pubblico e Privato. I due amministratori di pagina sono due giovani carpigiani ma frenate la curiosità di conoscere i loro nomi, perchè non hanno alcuna voglia di fare outing…
Ragazzi, come è nata l’idea di creare la pagina Facebook Natura Morta – Carpi?
“L’idea ci è venuta una sera di gennaio, durante una passeggiata, mentre percorrevamo viale Manzoni all’altezza di via Frank. Utilizzando Google Street View abbiamo potuto guardare com’era la stessa via dieci anni prima e, alla vista di quelle immagini, abbiamo pensato a tanti altri punti di Carpi in cui è stato rimosso il verde. In quel momento abbiamo sentito il bisogno di creare una sorta di memoriale da condividere con la cittadinanza”.
Chi siete e quali obiettivi vi ponete?
“Siamo due giovani carpigiani. Tramite le nostre immagini vorremmo far riflettere sulla superficialità con cui spesso gli enti pubblici e i privati cittadini affrontano la crisi climatica. La contrapposizione di foto prima e dopo degli alberi mancanti funziona bene perché è un esempio lampante, diffusissimo e comprensibile a chiunque. Inoltre, attraverso la nostra testimonianza, speriamo che gli occhi dei carpigiani non si abituino a vedere una città così spogliata dei propri alberi. Chi ci conosce di persona sa che la pagina è gestita da noi, ma rivelare le nostre identità ci sembra irrilevante perché l’obiettivo del nostro progetto è rappresentare un problema che danneggia tutti, indistintamente”.
Le immagini prima e dopo raramente mostrano una realtà migliorata: come giudicate la trasformazione che ha subito la nostra città nel corso degli anni?
“Tutti i nostri coetanei con cui abbiamo parlato di Natura Morta hanno usato la stessa espressione: angoscia. Evidentemente noi giovani percepiamo in modo più impellente la crisi climatica rispetto alle generazioni più anziane, forse per il semplice motivo che davanti a noi abbiamo più anni di convivenza forzata col problema. A San Lazzaro di Savena la sindaca Isabella Conti ha scelto di bloccare un progetto di espansione edilizia lasciatole in eredità dalle precedenti Giunte; ha dovuto affrontare un processo lungo anni ma ne è uscita vincitrice. A Carpi non si ha avuto lo stesso coraggio. Sarebbe però ingenuo fermarsi a guardare il dito anziché la Luna? Ha senso inseguire una crescita economica infinita su un pianeta dotato di risorse finite? Se riuscissimo a uscire da questa logica, la finta contrapposizione tra ambiente e posti di lavoro sparirebbe”.
I nostri amministratori parlano di una Carpi sempre più green e amica dell’ambiente, qual è il vostro giudizio? Quali azioni dovrebbero mettere in campo?
“Il nostro giudizio è contrastante. Da un lato occorre avere l’onestà intellettuale di ammettere che a Carpi, salvo eccezioni non proprio trascurabili come il bosco della Cappuccina, negli ultimi cinque-sei anni il verde pubblico esistente è stato gestito molto meglio che nella maggior parte d’Italia. D’altro canto è impossibile non notare come molte alberature stradali abbattute durante la Giunta Campedelli non siano mai state sostituite. Inoltre pesa moltissimo l’assenza di un Regolamento del Verde Pubblico e Privato, che permetterebbe di sanzionare le potature obbrobriose, dannose e antieconomiche che vediamo in numerosi giardini privati.
D’altro canto, limitarsi a giudicare solo l’operato dell’Amministrazione sarebbe scorretto perché in Italia il problema dell’errata manutenzione del verde è soprattutto culturale e coinvolge le pubbliche amministrazioni di tutti i livelli, i legislatori e i privati cittadini: è sufficiente pensare a quanto sia ancora diffusa una tecnica di potatura antiscientifica come la capitozzatura, oppure al sensazionalismo dei giornali ogni volta che cade un albero, o ancora agli anacronistici articoli del Codice della Strada che di fatto vietano di piantare (e sostituire) alberi sulle strade extraurbane. Se un esperto qualificato certifica che un albero è pericolante, è sacrosanto rimuoverlo. Bisognerebbe però sostituirlo e soprattutto chiedersi perché una quantità preoccupante di alberi sia finita in questo stato. Un esempio: viaggiando sulla Romana Sud si ha l’impressione che le potature siano state deliberatamente eccessive per condurre gli alberi alla morte e liberarsi delle future spese di manutenzione, nell’erronea convinzione che i benefici offerti dagli alberi ad alto fusto non abbiano anche un imprescindibile valore economico”.
Molti grandi alberi ad alto fusto sono stati tagliati soprattutto sui viali: qual è l’angolo più martoriato che avete individuato?
“Oltre a viale Manzoni, è impossibile non pensare a via Griduzza. Ricordo vividamente quando da bambino la percorrevo in bici con mia mamma; anche in estate era piacevole grazie all’ombra dei pioppi cipressini. Oggi invece somiglia a una pista d’aeroporto in mezzo al deserto. Ma gli esempi si sprecano: via Marx, le due statali Romana, via Mulini, via Magazzeno, le aree antistanti la ferrovia… l’elenco potrebbe continuare”.
Preferite mantenere l’anonimato ma al di fuori della rete vi impegnate per l’ambiente? Pensate che le associazioni ambientaliste cittadine dovrebbero fare di più e se sì in che modo?
“Facciamo parte a titolo personale di alcune associazioni e gruppi di volontariato del territorio. Il terzo settore è fondamentale per la sua funzione di raccordo tra i cittadini e le amministrazioni; anzi, spesso, attraverso lo strumento delle Consulte di Partecipazione, è in grado di fungere da avanguardia suggerendo soluzioni innovative ai problemi della città”.
Jessica Bianchi