“Le aggressioni verbali ci sono sempre state, ma ora la gente alza le mani”

“Lavori facendo continuamente i conti con la paura perché devi cercare di capire chi ti trovi davanti e cosa gli passa per la mente soprattutto quando inizia a spazientirsi per l’attesa”. Sono le parole di un’operatrice del Pronto Soccorso di Carpi che questa mattina ha partecipato al presidio organizzato dalla Fp Cgil per dire basta alle violenze fisiche e verbali, un fenomeno che si acuisce giorno dopo giorno.

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Basta alle violenze contro gli operatori sanitari, è stato questo lo slogan del presidio organizzato dalla Fp Cgil questa mattina, 1° giugno, nel piazzale antistante il Pronto Soccorso dell’Ospedale Ramazzini di Carpi. Numerosi gli operatori che hanno aderito per dire no all’escalation di aggressività che si sta registrando nel Ps cittadino e chiedere maggiori tutele all’Azienda Usl. 

In una settimana sono stati tre gli episodi di violenza all’interno del Pronto Soccorso ma questi non sono che la punta dell’iceberg di un fenomeno che si acuisce giorno dopo giorno: “le aggressioni verbali – racconta un operatore che alcuni giorni fa è stato colpito al mento e al labbro col cellulare da una paziente – ci sono sempre state ma ora sono le mani ad essere alzate sempre più frequentemente e la cosa che mi fa arrabbiare e che tante volte tali episodi non vengono nemmeno denunciati”.

“Una notte – gli fa eco un collega – sono stato aggredito da una paziente molto agitata e con disturbi di carattere psichiatrico. In casi come questi sappiamo di correre un rischio, fa parte del mestiere, ma se la persona è in grado di intendere e volere allora la violenza non è in alcun modo accettabile. Ormai le aggressioni verbali sono all’ordine del giorno e spesso sfociano in calci e pugni”. 

Un lavoro in prima linea quello dell’emergenza-urgenza che esige di essere maggiormente tutelato. Come? “Ci sentiremmo meno a rischio se l’Azienda per la quale lavoriamo prendesse delle posizioni specifiche: dall’adozione di una guardia giurata di notte a un ambiente più sicuro al quale accedere solo tramite badge ad esempio; qui invece chiunque può entrare dall’accesso delle ambulanze o dall’ingresso principale, non c’è una vera barriera, se non noi”.

Il clima che si respira, aggiunge un altro operatore “è di grossa tensione. Noi ci siamo sempre stati, anche nel periodo più acuto dell’emergenza. Abbiamo aperto le porte a tutti ma in questo momento chiediamo rispetto per chi si sta impegnando al massimo”.

Violenze verbali e fisiche acuite anche da gravi carenze organizzative: “la mancanza di medici e di personale – ammette un’operatrice – contribuisce ad allungare le attese dei pazienti.  Se ci fossero più risorse e una riorganizzazione interna del servizio le cose potrebbero migliorare. Infermieri e operatori sono stanchi, provati dai due anni che hanno passato e che stanno vivendo ancora oggi, sul campo. Ad aggravare il quadro si aggiunge anche il fatto che sul territorio non sempre i medici di famiglia sono pronti a rispondere ai bisogni dell’utente il quale si vede costretto a ricorrere al Pronto Soccorso”. 

Avete paura? Le chiedo. “Certo, quando lavori fai continuamente i conti con la paura perché devi cercare di capire chi ti trovi davanti e cosa gli passa per la mente soprattutto quando inizia a spazientirsi per l’attesa”.

Un presidio di solidarietà a cui ha voluto partecipare anche il sindaco Alberto Bellelli per dimostrare “la vicinanza dell’Amministrazione – ha spiegato – a coloro che hanno combattuto la grande battaglia del Covid e che, ogni giorno, forniscono all’utenza un servizio di qualità. Questi lavoratori rappresentano una ricchezza per il nostro territorio e la loro sicurezza non può essere attaccata in questo modo. In Conferenza territoriale socio-sanitaria porterò le loro istanze: servono ulteriori investimenti in termini di spazi e di persone, così come figure adibite allo snellimento dei codici bianchi per poter così accorciare le attese dei pazienti, senza dimenticare il tema del presidio della struttura”.  

“Non è possibile – ha aggiunto l’assessore alle Politiche Sociali,  Tamara Calzolari  – che dopo tutti i sacrifici compiuti durante la pandemia e per garantire una risposta di sanità al territorio, questi lavoratori siano vittime di violenza”.

Ad essere diventata a dir poco smisurata è la differenza tra la domanda dell’utenza e la risposta delle strutture ospedaliere e non solo. Un carico di bisogni che sta mettendo a rischio al tenuta di tutto il sistema: “noi ce la mettiamo davvero tutta – spiega Luca Gherardi, Rsu della Fp Cgil – ma è dura. Per questo chiediamo all’Ausl di dare più risorse al Ps di Carpi: negli ultimi anni, la riduzione di attività di alcuni Pronto Soccorso del reggiano (come Correggio) o di Mirandola hanno dirottato qui sempre più persone. E se a tale fenomeno si aggiunge anche la pesantissima migrazione di personale, legata al periodo Covid, con la conseguente riduzione di medici in servizio, tra l’altro altri tre stanno per andarsene, la situazione diventa ingestibile. E’ chiaro che in quadro di questo tipo l’utente medio deve attendere molto di più ma tale allungamento dei tempi non può degenerare in un conflitto con chi è lì per aiutare”.

Gli operatori sono provati, prosegue Gherardi, “forse qualche volta ci saremmo potuti comportare meglio anche noi ma è dal 2012 che l’azienda non mostra alcun tipo di sensibilità nei confronti di quello che è diventato il primo Ps a livello provinciale per numero di accessi. Da due anni registriamo dai 47 ai 50mila accessi all’anno che si traducono in 130, 140 accessi al giorno: qui afferisce tutta l’Area Nord” e una parte di utenza (circa il 13%) dell’area reggiana.

La carenza di risorse umane non riguarda solo Carpi ma la situazione al Ramazzini ha superato il livello di guardia e, conclude Gherardi, “rappresenta un rischioso punto di caduta perché gli operatori oltre allo stress e alla stanchezza con cui devono già fare i conti dovranno ora affrontare un’estate con un regime numerico ridotto. In autunno non sappiamo cosa ci aspetta e quindi non possiamo permetterci di arrivarci massacrati a causa di problemi gestionali interni o dal conflitto con persone che vengono dall’esterno.

Noi abbiamo bisogno ora di una ridefinizione in termini di spazi e di organizzazione interna per avere personale numericamente adeguato alle necessità e per disinnescare le difficoltà delle persone in attesa e le eventuali reazioni violente”. 

Intanto nell’impossibilità di fronteggiare il sottorganico tramite assunzioni ordinarie da concorso pubblico, perchè diciamocela tutta, nessuno vuole più lavorare in Emergenza – Urgenza, l’Ausl di Modena ha pubblicato un avviso di gara rivolto ad agenzie private, oggi verranno aperte le buste, le quali dovrebbero fornire medici per coprire i turni in Pronto Soccorso e presso il Reparto di Ostetricia e Ginecologia all’Ospedale di Mirandola. 

Una scelta ritenuta gravissima da numerose sigle sindacali le quali ritengono i professionisti assoldati come “corpi estranei” non all’altezza dei colleghi. Tutti i Pronto soccorso stanno scontando un problema legato alle carenze di personale ma a Carpi è particolarmente acuto. Il momento è molto difficile – ha ammesso il sindaco Bellelli – e le soluzioni adottate sono di breve periodo: servono investimenti maggiormente strutturali”.

Una toppa certo, ma con l’estate alle porte è un male necessario se non vogliamo veder chiudere il Pronto Soccorso per mancanza di personale. Operatori sfiniti da anni di turni a dir poco massacranti e che hanno il sacrosanto diritto di andare in vacanza – come tutti i lavoratori – per non rischiare il burn out. 

Jessica Bianchi 

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