La canapa fa bene all’ambiente e all’economia, ecco come

Il distretto della moda di Carpi, da anni in sofferenza, anche alla luce delle più recenti direttive europee sulla moda sostenibile, potrebbe rifiorire con una filiera corta di canapa tessile ma oltre allo sfruttamento della fibra, a rappresentare una straordinaria possibilità è la parte legnosa di questa pianta prodigiosa che i nostri nonni hanno coltivato con tanta fatica. Un vecchio detto delle nostre zone recita: Del maiale non si butta via niente; anche della canapa non si butta via nulla, infatti dalle parti di pianta che non vengono utilizzate nei vari settori - a volte erroneamente definiti scarti - si possono ricavare materiali e prodotti, quindi la filiera è anche un esempio di economia circolare.

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A Carpi, fino a prima della seconda guerra mondiale, era presente una fiorente filiera della canapa e Bologna per secoli ne è stata la capitale. Una realtà del tutto perduta che potrebbe però rappresentare una preziosa opportunità sia per migliorare l’ambiente che per creare “nuove” opportunità economiche di una città, la nostra, sempre più impoverita.  Ed è proprio per rilanciare e promuovere la conoscenza delle proprietà e delle numerose applicazioni industriali della canapa (ndr – stiamo parlando della Cannabis Sativa L. dal bassissimo contenuto di THC di cui è ammessa la coltivazione senza  alcun vincolo) e spiegare le ricadute ambientali, economiche e di sviluppo che la produzione e la trasformazione di questo materiale potrebbero comportare per il nostro territorio, che in città è nato il Comitato ProCanapa.  

Il comitato cittadino si è ufficialmente presentato il 21 aprile, al sindaco Alberto Bellelli.  “Un incontro proficuo – sottolinea Olver Zaccanti, tra i componenti del Comitato – durante il quale il primo cittadino ha apprezzato l’idea del Comitato di promuovere una filiera corta ma completa, dalla coltivazione alla trasformazione, dalla produzione alla commercializzazione di manufatti in Canapa, a iniziare dal settore tessile”.  Un’impresa non da poco, che deve coinvolgere numerosi attori. Per tale motivo il sindaco si è mostrato disponibile alla costruzione di un tavolo di lavoro per unire rappresentanti dei vari settori coinvolti.

L’incontro col sindaco

La canapa cresce in fretta e con poca acqua, cattura anidride carbonica e ha la proprietà di rigenerare terreni esausti e inquinati ma, prosegue Zaccanti, “per non rischiare di vanificarne i benefici è assolutamente necessario che ogni parte della pianta venga utilizzata e valorizzata”.

La Canapa infatti, oltre alle opportunità legate alla produzione agricola, può essere utilizzata in numerosi settori: dall’edilizia sostenibile, al tessile, settore che necessita di un poderoso rinnovamento; dall’alimentare alla cosmetica, dalla farmaceutica alle nanotecnologie…

“La pianta si compone di due principali elementi: le cime, che contengono i principi attivi (CBD) e i semi, lo stelo da cui si ricava la fibra (circa il 25% della biomassa) e la restante, la parte legnosa, definita canapulo. Se tali elementi non vengono sfruttati nel loro insieme, il progetto non può reggere, occorre una visione globale che preveda il corretto utilizzino di tutte le parti della pianta, in questo modo il progetto può definirsi veramente sostenibile” sia dal punto di vista economico, ma anche ambientale e sociale”.

La Canapa, oltre a migliorare la fertilità dei terreni, e dunque perfetta per la rotazione agraria, è anche un ottimo sistema per assorbire e stoccare la CO2 presente in atmosfera. Un ettaro di canapa assorbe CO2 al pari di 2-4 ettari di bosco, “ma se un bosco per svilupparsi ha bisogno di diversi anni (30-50), la Canapa si semina e si raccoglie in soli 4-5 mesi. Se però ci occupiamo solo di una parte (come è avvenuto e avviene) si riducono sensibilmente le sue potenzialità, rischiando di creare anche problemi ambientali.  Ad esempio l’ipotesi che una volta utilizzata una sua parte (i principi attivi o la fibra) si bruci il resto, non può essere possibile, per diverse ragioni, fra l’altro si rimetterebbero in atmosfera grandi quantità di CO2 che la pianta invece aveva assorbito durante la sua crescita, contemporaneamente producendo ossigeno. Sarebbe davvero paradossale che un sistema altamente ecologico diventi inquinante” aggiunge Olver Zaccanti.

Il distretto della moda di Carpi, da anni in sofferenza, anche alla luce delle più recenti direttive europee sulla moda sostenibile, potrebbe rifiorire con una filiera corta di canapa perché oltre allo sfruttamento della fibra, a rappresentare una straordinaria possibilità è la parte legnosa di questa pianta prodigiosa che i nostri nonni hanno coltivato con tanta fatica.

Olver Zaccanti, che nel 2009 ha progettato e realizzato la prima casa di canapa in Italia, a San Giovanni in Persiceto, avendo scoperto le straordinarie prestazioni del materiale, ha continuato per anni studiarne e approfondirne i diversi usi in edilizia, e non solo, partecipando ad alcuni progetti della Comunità Europea (INATER – Isolanti Naturali e Terra cruda e CANAPALEA) che hanno visto coinvolti oltre all’Italia, partner francesi, belgi, spagnoli, portoghesi e svizzeri; ha inoltre collaborato alla stesura di alcuni libri e manuali sull’uso della Canapa in edilizia.

“La parte legnosa – il canapulo – può essere impiegata in edilizia per realizzare, ad esempio, i muri di tamponamento di un edificio, i massetti isolanti, gli intonaci.. Impastando il canapulo con la calce, si produce un materiale che è un ottimo coibente termoacustico, regolatore naturale dell’umidità, assicurando così, in estate come in inverno, una temperatura più costante e garantendo un maggior comfort abitativo.

Dalle ricerche sviluppate da diversi Centri di Ricerca (compresa UNIMORE), l’impasto di canapa e calce in caso d’incendio non rilascia gas nocivi, a differenza di altri materiali abitualmente impiegati in edilizia, e dall’analisi dell’intero ciclo di vita dell’impasto di canapulo e calce, risulta che al suo interno resta stoccata una quantità di CO2 maggiore di quella prodotta durante l’intero ciclo di vita: la casa diventa quindi un serbatoio di CO2. 

La parte legnosa può poi essere impiegata anche come pacciamatura in ambito agricolo o vivaistico, come lettiera per piccoli animali domestici e per i cavalli… Anche dalla fibra (quella “industriale”, corta, meno pregiata) si ricavano materiali ottimi panelli isolanti per i cappotti edili, ma anche carta, bioplastiche, materiali per gli imballaggi.

“Un vecchio detto delle nostre zone è Del maiale non si butta via niente, aggiungiamo che anche della canapa non si butta via niente, infatti dalle parti di pianta che non vengono utilizzate nei vari settori – a volte erroneamente definiti scarti –  si possono ricavare materiali e prodotti, quindi la filiera è anche un esempio di economia circolare” conclude Zaccanti.    

Insomma la canapa rappresenta un’occasione da non lasciarsi sfuggire per ridare slancio a una città stanca e asfittica e generare nuovi posti di lavoro.

Il progetto è ancora embrionale ma se il Comitato riuscirà a catalizzare l’interesse del mondo imprenditoriale, sicuramente gli agricoltori si muoveranno di conseguenza essendo la coltivazione poco onerosa, si passa sostanzialmente dalla preparazione del terreno per la semina alla raccolta quattro mesi dopo e non avendo necessità né diserbanti né acqua.

Il Comitato ProCanapa organizza l’11 maggio, alle 15,30, in Sala Duomo, la conferenza dal titolo Canapa, una risorsa per il futuro,  per coinvolgere istituzioni, associazioni, Università, laboratori di ricerca, imprenditori  e cittadini, con l’obiettivo di promuove una filiera corta e circolare della Canapa nella nostra zona. La partecipazione è gratuita previa prenotazione – procanapa@gmail.com

Jessica Bianchi 

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