La violenza maschile perpetuata contro le donne è sistemica, poiché le sue forme di espressione sono molteplici e trasversali: pervadono tutti gli ambiti di vita, dal contesto lavorativo all’ambiente domestico, dai luoghi di formazione a quelli di socializzazione, dalla sfera economica a quella politica ed istituzionale.
Oltre che sistemiche, l’oppressione e l’ineguaglianza di genere sono strutturali, poiché funzionali alle logiche del sistema di potere maschile (patriarcato) che nei secoli ha permeato, materialmente e simbolicamente, la cultura e le relazioni pubbliche e private. Tale sistema, a sua volta, risponde alle logiche di accumulazione del profitto e ai rapporti di sfruttamento radicati nella società più ampia.
In questo senso, la questione della violenza mostra configurazioni che derivano da un insieme di meccanismi di subordinazione (basati sul genere, la classe e l’etnia) che si trovano alla radice del problema. Ovvero, il femminicidio e le violenze non sono altro che la punta dell’iceberg di un fenomeno molto più articolato.
Il carattere strutturale viene messo in evidenza anche dal preambolo della Convenzione di Istanbul (2011), trattato internazionale firmato da 45 paesi, fra cui l’Italia, contro la violenza sulle donne e la violenza domestica (da cui, però, proprio la Turchia di Erdogan, che l’ha ospitata, è uscita sdegnosamente, in nome del recupero della “vera essenza della femminilità”: moglie-madre-serva-oggetto sessuale): “La violenza contro le donne è una manifestazione dei rapporti di forza storicamente diseguali tra i sessi, che hanno portato alla dominazione sulle donne e alla discriminazione nei loro confronti da parte degli uomini e impedito la loro piena emancipazione.” E ancora: “(…) la natura strutturale della violenza contro le donne, in quanto basata sul genere (…)”, “(…) la violenza contro le donne è uno dei meccanismi sociali cruciali per mezzo dei quali le donne sono costrette in una posizione subordinata rispetto agli uomini.”
Tale trattato, basato sulle quattro P (Prevenzione, Protezione e sostegno delle vittime, Perseguimento dei colpevoli e Politiche integrate), dovrebbe essere applicato in maniera molto più efficace ed efficiente di quanto lo sia oggi, garantendo risultati di qualità e a lungo termine. Come? Agendo su più fronti in un’ottica sistemica. Ne citerò solo alcuni dei tanti.
- Sul fronte scolastico. – Promuovendo interventi preventivi, psicoeducativi ed interattivi di lunga durata sui temi dell’affettività e della sessualità nelle scuole di ogni ordine e grado. Quel poco che viene fatto oggi è di gran lunga insufficiente e non risponde alla vastità e alla gravità del fenomeno in atto. Inoltre, occorrerebbe formare chi si occuperà di gestire i progetti e coinvolgere attivamente esperti psicologi, sessuologi, sociologi, ginecologi e andrologi: ad oggi, purtroppo, non tutte queste figure vengono implicate.
Inserendo materie di educazione al rispetto e alla parità di genere all’interno dei programmi ministeriali e invitando i principali movimenti di protesta e gli enti locali rappresentativi all’interno delle scuole, stimolando la partecipazione e l’attivismo concreto da parte di studenti, insegnanti, collaboratori scolastici e dirigenti.
- Sul fronte personale e famigliare. – Favorendo una presa di coscienza sul tema, attraverso corsi di (in)formazione gratuiti aperti alla cittadinanza e presieduti da esperti psicologi, sociologi e avvocati, che possano aiutare anche i genitori a crescere i propri figli e le proprie figlie all’insegna del rispetto e dell’uguaglianza fra uomini e donne.
Purtroppo, le famiglie o i parenti delle vittime, spesso indifferenti o addirittura tolleranti, tendono a minimizzare, non sanno riconoscere la pericolosità di certe azioni e non osano denunciare per conto di terzi, se vengono a conoscenza di qualche episodio: occorre renderli attivi e consapevoli.
- Sul fronte virtuale e mass-mediatico. – Condannando il linguaggio sessista e gli insulti machisti/maschilisti che spopolano liberamente sui social network. Denunciando pubblicità discutibili che fanno trasparire la subordinazione della donna all’uomo, l’oggettificazione e la sessualizzazione del corpo femminile, la donna come angelo del focolare, la rigida divisione fra giochi e giocattoli “adatti” ai bambini e quelli “adatti” alle bambine (per non parlare della stereotipica divisione dei colori, rispettivamente blu per i primi e rosa per le seconde).
- Sul fronte dell’editoria. – Rilanciando saggi per adulti e favole e racconti per bambini e bambine ispirati al concetto di parità di genere, valorizzando le differenze e promuovendo il rispetto fra i sessi.
- Sul fronte economico. – Garantendo una piena parità retributiva e scardinando i pregiudizi e gli stereotipi di genere relativi alle capacità manuali ed intellettive delle donne, spesso discriminate sul luogo di lavoro. Anche l’istruzione svolge un ruolo chiave, poiché sono poche le donne che intraprendono studi nell’ambito scientifico, tecnologico e matematico, nonostante remunerazioni più elevate rispetto a quelle orientate all’ambito umanistico e sociale.
- Sul fronte assistenziale e territoriale. – Assicurando il libero accesso ai Consultori, ai centri d’ascolto pubblici e privati, alle associazioni che si occupano di sostenere e di difendere le donne vittime di violenza, a quelle che si occupano della presa in carico di uomini autori di violenza, alle cooperative sociali, ai luoghi di aggregazione e di supporto sociale. È importante trasmettere il messaggio che le donne, e gli stessi uomini maltrattanti, possono rivolgersi a dei professionisti che sapranno aiutarli in casi di difficoltà e di pericolo.
- Sul fronte politico ed istituzionale. – Applicando misure più rigide e decisive, volte a condannare la violenza sistemica e strutturale che permea l’intera società. Rispettando e rendendo operative le convenzioni internazionali. Emanando leggi che prendano in considerazione non solo le donne ma anche altre categorie esposte agli stessi processi di violenza, diseguaglianza e discriminazione: la comunità LGBTQIA+ e i disabili. Prevedendo pene certe in materia di violenza di genere.
- Sul fronte previdenziale e della sicurezza sociale. – Potenziando e migliorando le misure previdenziali esistenti rivolte alle donne. Assicurando agevolazioni e trattamenti mirati a favore di donne in gravidanza, donne povere, donne migranti, donne disabili, donne trans.
- Sul fronte medico e sanitario. – Garantendo l’autodeterminazione delle soggettività e la loro salute sessuale e riproduttiva. Limitando le obiezioni di coscienza, la violenza ostetrica e la pressante colpevolizzazione delle donne che scelgono di non diventare madri.
- Sul fronte sociale. – Avviando politiche di redistribuzione della ricchezza e delle risorse, del welfare e dei diritti, combattendo le disuguaglianze sociali, lo sfruttamento, la precarietà, la disoccupazione forzata, il lavoro gratuito – in primis il lavoro domestico e di accudimento dei figli ancora in gran parte relegato al genere femminile – nonché quello sottopagato, le disparità salariali. Tutte queste condizioni espongono le donne a maggiore vulnerabilità rispetto alla violenza maschile, oltre a ledere i loro diritti fondamentali. Occorre promuovere i principi dell’autonomia, dell’intersezionalità, della solidarietà, della prevenzione, della giustizia sociale, contro il razzismo, il sessismo e il classismo che spesso si intersecano producendo gerarchie e forme di segregazione.
Non basta indignarsi nel silenzio di casa propria, supportando le contestazioni con qualche like sui social. Bisogna occupare lo spazio pubblico, creare rete, unirsi ai movimenti di mobilitazione esistenti e promuovere un processo di trasformazione profonda della società. Attivare una riorganizzazione in chiave paritaria dell’ambiente culturale, economico, politico, famigliare, mass-mediatico, relazionale, educativo, comunitario, lavorativo ed affettivo che ci circonda, porterà ad avanzare processi di autoaffermazione e di emancipazione dal giogo sessista.
È ora di uscire dalla comfort zone per costruire un mondo libero dalla violenza maschile e di genere. Tutti insieme, uomini e donne di tutte le età, dai bambini e dalle bambine agli anziani e alle anziane. Chi non si ribella, chi non scende nelle piazze per difendere la causa, non può nascondersi dietro la “neutralità” che facilmente scivola nell’indifferenza e nel menefreghismo e che spesso fa rima con ostilità o complicità.
Alessia Goldoni
Psicologa e Sociologa