Maria è una studentessa universitaria di 22 anni. Di origine pachistana, vive a Carpi e non teme di raccontare le tante ombre legate alla gestione dell’immigrazione nel nostro Paese. Violenza, mancanza di parità e integrazione sono solo alcuni dei temi che la giovane affronta con lucidità a partire dalla tragica sorte di Saman Abbas.
Maria, a Carpi le donne pachistane sono integrate?
“In Pakistan esiste un forte contrasto tra città e campagna: la maggior parte dei pachistani che vive a Carpi proviene dalla campagna. La risposta secca alla sua domanda quindi è No! Qui c’è una generale mancanza di istruzione sia tra gli uomini che tra le donne. Credo che in primis occorra lavorare sull’educazione. C’è troppa ignoranza ma come si fa a spiegare diritti e doveri se non c’è un’istruzione base?”.
Molte donne non conoscono nemmeno la lingua italiana…
“Il Governo dovrebbe imporre regole molto serie in tal senso. Emigrare in Canada o negli Stati Uniti ad esempio è molto difficile: i requisiti da soddisfare sono numerosi e alquanto rigidi. Devi possedere varie skills, tra cui la conoscenza della lingua inglese e dimostrare di essere in grado di integrarsi. In Italia non è così. Qui arriva gente per fare lavori umili e lo fa con facilità a prescindere dal proprio livello di istruzione ed educazione. Per questo motivo qui non c’è integrazione”.
Le giovani donne che crescono in famiglie di questo tipo sono libere?
“Secondo me se cresci in una famiglia scarsamente istruita non sai come muoverti. Io ho sempre avuto un forte supporto da parte dei miei genitori, entrambi mi hanno spinta a studiare, ad aprirmi al mondo. Serve una guida, qualcuno che dispensi i consigli giusti. Mia madre ha avuto un ruolo fondamentale nella mia formazione e se oggi studio Ingegneria è anche grazie a lei e al suo incoraggiamento”.
Quando leggi di casi di cronaca come quello che ha riguardato la giovane Saman a Novellara come ti senti?
“Addolorata. Quanto accaduto a Saman è orrendo e condannabile. Chiunque sia mentalmente sano non può che considerare disumano un atto di questo tipo. E poi c’è la negligenza delle nostre istituzioni: Saman aveva chiesto aiuto per essere protetta dalla sua famiglia eppure alla fine proprio a quella famiglia è dovuta tornare con l’epilogo che poi conosciamo. Credo si debba fare di tutto affinché fatti violenti come questo non si ripetano e per farlo occorre prima di tutto lavorare sul piano dell’immigrazione. Insistere sull’istruzione di uomini e donne. E poi si deve avere il coraggio di parlare di queste cose, di uscire dalla propria comfort zone”.
Clarissa Martinelli