Il gruppo dei pari nel periodo dell’adolescenza rappresenta un elemento cruciale. In questa fase, infatti, avviene la separazione dalla famiglia, per individuarsi e per ricercare la propria identità nel gruppo dei pari. “Durante questo momento di cambiamento – spiega la psicologa carpigiana Sandra Frigerio, tra i professionisti che si occupano dello Sportello psicologico in alcune scuole cittadine – il gruppo diviene facilitatore del processo di separazione-individuazione, in quanto funge da mediatore tra le necessità individuali e quelle della società. Il gruppo per l’adolescente diventa quindi uno spazio per il passaggio dall’infanzia all’età adulta: nel distacco dalla famiglia il gruppo, con le sue regole, può fornire l’appoggio necessario per superare la frammentazione e la confusione divenendo quindi essenziale per la vita psicologica dell’individuo, dell’adolescente in questo caso. In tale passaggio, che presenta ostacoli e difficoltà, i coetanei possono rappresentare un sostegno morale contro le incomprensioni degli adulti. L’appartenenza a un gruppo, di qualunque tipologia esso sia, nasce dal bisogno di affiliazione che è dato dall’esigenza di trovare supporto, condivisione e approvazione. Tutto ciò diventa, in seguito, un vero e proprio bisogno di appartenenza che porta alla scelta selettiva del gruppo da frequentare in base ai valori che meglio si combinano con i propri e con l’immagine di sé che l’adolescente sta costruendo”.
Quando il gruppo può diventare branco?
“In alcuni casi il gruppo dei pari può diventare ricettacolo degli aspetti più fragili della personalità, che possono portare al compimento di atti aggressivi finalizzati allo scarico della tensione interna. In queste situazioni il gruppo, è chiamato branco, con un’accezione negativa perché avviene anche una negazione delle differenze individuali dei componenti e si verifica quel fenomeno di illusione patologica che consiste nel credere che ci sia coincidenza tra le attese dei singoli e la soddisfazione dell’intero gruppo; il bene del gruppo diviene così più importante di quello individuale con il rischio di arrivare a una sorta di annullamento del singolo ragazzo all’interno della dimensione gruppale”.
Cosa rappresenta il branco per gli adolescenti?
“Solitamente i gruppi di adolescenti violenti e che si riuniscono in branco, sono costituiti da giovani che hanno storie personali e familiari traumatiche non elaborate: separazioni precoci dai genitori, abbandoni, lutti, abusi e maltrattamenti nei casi più gravi o comunque situazioni di scarsa socialità, emarginazione, scarse aspettative di successo e bassa autostima. In questi casi l’assenza di valori familiari significativi e di riconoscimento da parte della famiglia e degli adulti di riferimento, porta l’adolescente a cercare questo riconoscimento all’interno del branco”.
Quali sono le dinamiche che lo regolano?
“Mentre il gruppo sano è organizzato per estinguersi a favore del processo di soggettivazione e di crescita individuale, il branco è fondato sulla fedeltà e sulla dipendenza. E’ plausibile che alla base ci siano fragilità nei rapporti interpersonali e lacune educative che portano il giovane a non essere in grado di prevedere completamente la gravità delle proprie azioni. Provare emozioni forti e rischiose, solitamente, rispecchia un modo per i ragazzi di ricercare una propria identità sia per sé che per il gruppo dei pari e della società. Il gruppo diviene lo specchio delle proprie immagini, la conferma del sé e talvolta, oltre al bisogno di appartenenza, emerge il bisogno di identificarsi in un leader patologico che rappresenti le parti sofferenti del sé. Il branco esalta anche le patologie individuali, aiuta a sentirsi più potenti, più forti, si abbattono i limiti e la paura si trasforma in adrenalina, ci si sente invincibili e ci si spinge con maggior facilità oltre, perché si innesca una serie di meccanismi che portano a commettere anche atti di violenza estrema”.
Nel gruppo la responsabilità individuale decade perchè?
“Nel gruppo si verificano diversi errori cognitivi come l’effetto della deresponsabilizzazione perché il gruppo, fungendo da scudo, conduce i componenti dello stesso a pensare erroneamente di essere meno responsabili, dato che la colpa viene condivisa tra tutti. Oltre a questo fenomeno, si possono commettere anche azioni estremamente gravi, attraverso la “giustificazione morale” ovvero autogiustificando il comportamento che stanno mettendo in atto gli altri, oppure la “attribuzione della colpa” per cui viene addossata la colpa all’esterno o a qualcun altro che ha scatenato l’ira dei componenti, la “deumanizzazione della vittima”, in cui si pensa che la vittima se lo sia meritato per ciò che ha detto o ha fatto”.
Il fenomeno delle cosiddette baby gang preoccupa: trasgressione, abuso di alcol e sostanze, disinibizione, comportamenti anti sociali, violenza… sono sempre più ricorrenti anche in provincia. A cosa sono ascrivibili? E cosa è cambiato rispetto al passato?
“Questi gruppi di giovani rappresentano un tipo di aggregazione patologica che mette in atto una serie di comportamenti antisociali. Questo fenomeno trova terreno fertile nei contesti degradati, dato che sussistono condizioni critiche (a livello economico, sociale e familiare), ma in realtà una percentuale piuttosto alta di tale fenomeno afferisce a quei contesti in cui l’estrazione sociale risulta essere medio-alta. Le cause spesso sono riconducibili a difficoltà ambientali, economiche, culturali e sociali che sono alla base di ogni comportamento deviante. Il fenomeno delle baby gang nasce da un contesto di vita problematico nel quale questi giovani crescono. I fattori di rischio sono diversi: questo tipo di violenze in alcuni casi sono condizionati da modelli sbagliati ai quali i ragazzi fanno riferimento. E’ recente il fenomeno di serie tv criminali dai quali i ragazzi prendono come modelli il “cattivo” della situazione che, nella maggior parte dei casi, riesce a cavarsela, quando invece il messaggio dovrebbe essere differente: dove il bene sconfigge il male. In altri casi, invece, le condotte antisociali derivano da frustrazioni che causano comportamenti aggressivi su persone definite più fragili. Tra le altre motivazioni fanno parte anche le situazioni familiari problematiche, la perdita di contatto con le regole sociali o la regolazione emotiva. Rispetto al passato sono cambiate le modalità relazionali, comunicative e sociali. Sono cambiati i luoghi di aggregazione, molte volte sostituiti dal contesto virtuale veicolato da Internet.
La necessità sociale dei nostri tempi riguarda una società sempre più popolata da figure diverse che rendono impossibile la decifrazione di un modello unico di individui, creando una combinazione di stili diversi spesso contraddittori fra di loro, che come risultato finale determinano identità confuse”.
Jessica Bianchi