Ognuno ha dato una propria interpretazione all’indomani dello scontro che si è consumato all’interno del Patto di Sindacato che raggruppa i ventuno Comuni soci proprietari di Aimag e che ha portato alle dimissioni del Presidente del Patto Fabio Zacchi, sindaco di Poggio Rusco. La più immediata è quella che intravede, nell’accelerazione impressa dai Comuni delle Terre d’Argine insieme a Bomporto e Bastiglia per avere il piano delle sinergie industriali entro 45 giorni, l’ennesimo tentativo di approdare all’alleanza con Hera che dal 2009 detiene il 25% delle azioni di Aimag.
In dieci anni però le cose sono cambiate e, in relazione all’ipotesi di matrimonio con Hera, si sono complicate parecchio.
A creare un precedente determinante per il futuro del settore è la recente vicenda che ha coinvolto A2a e Aeb: il Consiglio di Stato ha annullato l’aggregazione tra il colosso lombardo e la multiutility da 220 milioni di euro controllata al 71% dal Comune di Seregno confermando la decisione del Tar che a febbraio aveva annullato la delibera con cui il Comune di Seregno aveva dato il via all’integrazione. La fusione è saltata perché, per il Consiglio di Stato, occorre una gara pubblica per la selezione del socio privato ad opera di un’azienda a controllo pubblico. Il ricorso al Tar era stato firmato da esponenti della minoranza autori anche di un esposto alla Procura di Monza che ha aperto un fascicolo d’inchiesta: nel registro degli indagati sono finite quattordici persone tra cui il Presidente di Aeb e il sindaco di Seregno per corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio e turbata libertà del procedimento di scelta del contraente insieme al segretario comunale e a consiglieri d’amministrazione della multiutility.
Il rischio di dover affrontare un procedimento penale ha smorzato l’ardore di chi pensava a una fuga in avanti: d’ora in poi tutte le aggregazioni devono passare da un bando di gara pubblico. Chi ci mette la faccia?
Non il Presidente di Aimag, nominato da chi avrebbe voluto investirlo di pieni poteri, perché la Corte dei Conti è stata chiara: nella Ricognizione ordinaria delle partecipazioni societarie e nelle sue osservazioni in relazione allo Statuto di Aimag rileva che non è conforme l’attribuzione da parte del consiglio di amministrazione di deleghe a un solo amministratore ovvero l’attribuzione di deleghe al presidente e non è disposto il divieto di corrispondere gettoni di presenza o premi di risultato. Senza deleghe e senza soldi, il Presidente di Aimag non poteva far altro che quello che ha fatto: scrivere una lettera alla proprietà, il Patto di Sindacato, rimettendogli qualsiasi decisione.
All’interno del Patto di Sindacato si sono proposte le antiche divisioni con l’area nord e il basso mantovano contrapposti ai comuni dell’Unione delle Terre d’Argine fiancheggiati da Bomporto e Bastiglia e, di fronte alla prova di forza dell’ordine del giorno di avere il piano strategico entro 45 giorni, il presidente Zacchi si è dimesso. La messa cantata è finita e ognuno gioca la sua partita a carte scoperte. Ma la domanda resta: chi ci mette la faccia?
Lo scenario di un Patto di Sindacato diviso apre la porta alla possibilità che Hera, incrementando il suo attuale 25%, possa diventare l’azionista di riferimento all’interno della compagine. E lo potrebbe diventare con l’acquisto delle azioni di proprietà delle Fondazioni Cassa di Risparmio di Carpi (7,5%) e Cassa di Risparmio di Mirandola (2,5%). La medesima operazione costò la testa al presidente della Fondazione Schena nel 2016 quando il Consiglio di Indirizzo si pronunciò contro la cessione delle quote. Si può capire bene il ruolo centrale della Fondazione Cassa di Risparmio di Carpi che si appresta a rinnovare nel prossimo mese di maggio il Presidente e l’intero Consiglio di Amministrazione.
Il disegno di Hera potrebbe essere un altro però, molto meno impegnativo perché ruoterebbe intorno alla sola gara del gas nell’ambito Modena 1. Nemmeno Hera la vuole fare per evitare di ritrovarsi tra i piedi competitors da tutta Europa e l’alleanza con Aimag sarebbe la soluzione ideale.
Chiunque ci metta la faccia comunque si ritroverà a fare i conti con la guerra civile perché chi riuscì ad organizzare un referendum su Aimag nel 2017 non se ne starà con le mani in mano.
Poi c’è il contesto politico in cui il Partito Democratico sembra aver fatto pace con i Cinque Stelle con cui si ritrova a correre le elezioni bolognesi ed eviterà di innescare motivi di rottura. Infine, nella partita di Aimag, oltre che in quella del nuovo ospedale, il Pd si gioca le sue carte per strappare Mirandola alla Lega.
Sara Gelli