“L’Hospice dovrebbe essere inglobato nell’ospedale per dare ai malati tutti i servizi di cui necessitano”

LA TESTIMONIANZA - Sulla necessità di realizzare un Hospice anche nel nostro territorio un carpigiano che ha perduto la moglie alcuni anni fa non ha dubbi, ma non nasconde le sue riserve circa la scelta della sua collocazione e rilancia un tema importante, ovvero la vicinanza che le strutture dedicate al fine vita dovrebbero avere con gli ospedali.

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Rendering dell’Hospice dell’Area Nord che sorgerà in località Ponte Pioppa a San Possidonio

Franco ha perduto sua moglie quattro anni fa: un male incurabile se l’è portata via. 

Sulla necessità di realizzare un Hospice anche nel nostro territorio questo nostro concittadino non ha dubbi ma non nasconde le sue riserve circa la scelta della sua collocazione e rilancia un tema importante, ovvero la vicinanza che le strutture dedicate al fine vita dovrebbero avere con gli ospedali. 

“L’Hospice è fondamentale – commenta – tuttavia io, che ho avuto l’esperienza di avere ricoverato un famigliare nell’Hospice di Guastalla, situato presso l’ospedale cittadino, mi sento di sollevare qualche perplessità. 

Non è un vantaggio avere un Hospice equidistante fra Carpi e Mirandola: è troppo isolato e quindi rappresenta uno svantaggio per entrambe le città. Meglio sarebbe stato inglobarlo in un ospedale affinché i malati potessero  beneficiare dei suoi servizi in tempi rapidi. Pochi sanno infatti che anche un malato terminale necessita di continue visite specialistiche ed esami radiologici di ogni tipo, Tac, ecografie… In questi casi i malati sarebbero da trasportare ogni volta in un ospedale… non è difficile immaginare i disagi che ne deriverebbero”. Per Franco dover raggiungere ogni giorno Guastalla da Carpi era certamente disagevole ma, ammette, “tale scomodità era compensata dalla consapevolezza che mia moglie riceveva ogni terapia in tempi rapidi e aveva intorno degli specialisti ospedalieri”. Inoltre, conclude Franco, “per mia moglie, e come lei molti altri, era certamente meno faticoso non subire lunghi spostamenti resi ancor più complessi dalla malattia. Forse è solo una consolazione per chi resta ma amo pensare che lei preferisse essere in un ospedale per essere “curata” anziché trovarsi in un luogo dove ogni speranza è negata”.

Jessica Bianchi 

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