Amir, nato il 23 aprile scorso, è un bimbo vivace. I suoi genitori sono Jaouad e Elham originari del Marocco e residenti nella Provincia di Modena. La storia di Amir, che oggi ci guarda beato dalle braccia della sua mamma, è quella di un piccolo miracolo. Quando, infatti, i medici dell’Ostetricia e Ginecologia del Policlinico, diretta dal professor Fabio Facchinetti, lo hanno fatto nascere col taglio cesareo, Amir aveva solo 28 settimane di gestazione e Elham, sua madre, era la più grave “mamma Covid-19” giunta al Policlinico. Il cesareo, infatti, si è reso necessario proprio per consentire il ricovero di Elham nella Terapia Intensiva, diretta dal professor Massimo Girardis, e affidare Aamir alle cure della Terapia Intensiva Neonatale, diretta dal professor Alberto Berardi.
“Non corriamo il rischio di dimenticare il compleanno di Amir – sorridono Elham e Jaouad – siamo al nostro primo figlio e questa avventura di certo non ce la saremmo aspettata. Desideriamo ringraziare tutto il personale medico e infermieristico del Policlinico per la professionalità e la gentilezza”.
“Quando Elham è giunta da noi, a metà di aprile – ha spiegato Facchinetti – ci siamo resi subito conto di trovarci innanzi alla più grave tra le pazienti positive che ci erano capitate in questa seconda ondata. Elham infatti, aveva una polmonite importante, e la sua ipossia, cioè la sua difficoltà di respirazione, stava provocando una sofferenza del feto. Per questo motivo, anche se aveva solo 28 settimane, abbiamo deciso di praticare un cesareo in modo da consentire il ricovero della mamma in Terapia Intensiva e affidare il bambino alle cure della Terapia Intensiva Neonatale”. Sin dall’inizio della pandemia, il Punto nascita del Policlinico – che è centro Hub provinciale per i parti difficili, anche per la presenza della terapia Intensiva Neonatale – è stato il punto di riferimento per la gestione dei parti COVID-19. In reparto sono state allestite degenze, sale travaglio e degenze dedicate. “Un percorso già consolidato e la presenza delle Terapia Intensiva Neonatale è stata la chiave per la felice conclusione della vicenda. In casi gravi come questo, per fortuna rari, il taglio cesareo anche in presenza di una importante prematurità può essere decisivo per evitare complicanze alla mamma e al bambino” – ha concluso il prof. Facchinetti.
“Un neonato di 28 settimane – conferma il prof. Alberto Berardi – presenta una prematurità importante. Alla nascita, Amir pesava 1.317 grammi, caratteristica che lo colloca tra i neonati definiti di peso molto basso. La madre, inoltre, presentava una grave polmonite e un’alta carica virale, che temevamo potesse trasferirsi al piccolo, cosa che fortunatamente non è accaduta. Abbiamo dovuto ventilarlo meccanicamente per poche ore dopo la nascita, ma il decorso in seguito è stato ottimo. A 43 giorni di vita, Amir, pesa 2410 grammi ed è stato possibile dimetterlo. Proseguirà i nostri percorsi di follow-up previsti per i bambini prematuri, ma le sue condizioni sono molto buone. È una storia umana che ci ha davvero coinvolti tutti. Un lieto fine che ci riempie il cuore”. La terapia Intensiva Neonatale, diretta da Berardi, assiste circa 450 bambini all’anno, la gran parte dei quali sono prematuri.
Dal 2020 a oggi, dei 76 neonati figli di madre Covid19 positiva assistiti al momento della nascita, 5 sono stati pretermine con età gestazionale inferiore alle 37 settimane. Di tutti i neonati, 19 sono stati ricoverati al settimo piano in Neonatologia dove è stata creata un’area dedicata. Quindici neonati hanno avuto necessità di un ricovero per motivi neonatali e nella maggior parte dei casi sono stati ricongiunti alla madre dopo un’osservazione transitoria. Quattro neonati, al contrario, sono stati ricoverati in Neonatologia in quanto le condizioni materne non permettevano l’isolamento congiunto, soprattutto negli ultimi mesi in cui si è osservato una maggior gravità della sintomatologia nelle puerpere.
Questa è una storia a lieto fine non solo perché Aamir sta bene, ma anche perché Elham, dopo oltre un mese di Terapia Intensiva è guarita e oggi può tenerlo in braccio insieme al marito Jaouad.
“Al momento – prosegue il prof. Berardi – non è ancora chiaro il meccanismo per cui in alcuni casi madri positive, anche con sintomi lievi, trasmettano il virus al neonato, mentre in altri casi, come ad esempio quello di Amir, madri gravemente sintomatiche possono non farlo. Sappiamo che il latte materno costituisce un ottimo scudo nei confronti delle infezioni neonatali, ma nel caso di Amir non ci è stato possibile somministrarlo. Stiamo effettuando alcune indagini e vi sono diversi studi in proposito perché comprendere i meccanismi della trasmissione del virus ci aiuterà ad aumentare la nostra conoscenza e reagire meglio alle insidie che ci pone”.
“Abbiamo seguito Elham all’Hub Covid – spiega la dottoressa Emanuela Biagioni, della Terapia Intensiva del Policlinico – Rispetto agli altri pazienti che abbiamo seguito nel corso di questa pandemia, il suo caso è stato particolare in quanto paziente puerpera con recente intervento chirurgico e affetta da polmonite bilaterale. Pertanto, è stato necessario adattare al suo caso le terapie respiratorie, di analgo-sedazione e di mobilizzazione applicate agli altri paziente COVID. Siamo professionisti, ma quando l’abbiamo vista lasciare l’Hub, sapendo che il suo bimbo stava bene, la commozione e la gioia tra tutti noi, medici e personale infermieristico, è stata grande. A nome di tutti, auguro a Elham, Jaouad e Amir gioia e felicità”. Nella terza ondata pandemica hanno avuto bisogno del ricovero in Terapia Intensiva 4 donne gravide – 2 di queste hanno partorito durante il ricovero, 2 successivamente – e 1 puerpera ricoverata subito dopo il parto spontaneo. Sono tutti casi che si sono risolti per il meglio per la mamma e per il bambino, ma che confermano la necessità di non sottovalutare i rischi di questa patologia.