“Verso mezzogiorno entro nel solito ristorante, l’ho scoperto per una sfida, lanciata con una fiorentina. I miei colleghi ne dicevano meraviglie, paragonabile a quelle di Firenze, non volevo crederci. Era vero, quindi sono molto bravi oppure la mia memoria è frollata. In effetti non ricordo mai come si legge il nome, solo come si scrive: Maxela”: appare in queste righe del romanzo Tu chi uccideresti? Errori senza assoluzione, il Ristorante Maxelà che, oltre a comparire tra le pagine del giallo scritto da Claudio Lei, sarà la cornice dell’incontro coi lettori che si svolgerà mercoledì 23 giugno, alle 20:30. Oltre all’autore, intervistato da Annarosa Ansaloni, saranno presenti alcuni rappresentanti di Avis Modena: all’associazione donatori è infatti devoluto il ricavato delle vendite di ogni copia del romanzo, sia cartacea che digitale.
La trama del romanzo, narrato in prima persona dall’alternarsi di differenti personaggi, si sviluppa seguendo gli efferati omicidi di un serial killer che si aggira per una Modena dalle tinte fosche, seminando morte tra portici, piazze e fontane: un rituale macabro che non intende celarsi, ma al contrario sfrutta i nuovi mezzi di comunicazione, social media su tutti, per diffondere i propri messaggi d’odio e vendetta. Anziché essere terrorizzati, però, alcuni degli abitanti lo acclamano: le sue vittime sono infatti gli odiati membri della cosiddetta ‘casta’. Politici, speculatori, giudici e altre personalità presenti sulla scena pubblica e considerati intoccabili, chiacchierati per le proprie discusse condotte, vengono perseguitati da questo principe delle tenebre 2.0, dando così l’avvio a un’insanguinata stagione di vendette, cavalcata dagli imprenditori dell’odio, determinati ad approfittare del consenso che l’assassino riscuote presso i cittadini, indifferenti all’imbarbarimento che potrebbero causare.
Un romanzo agghiacciante, in cui il male rischia di contaminare anche chi dovrebbe garantire la sicurezza e la giustizia, e tra le cui pagine c’è una protagonista onnipresente seppur silenziosa: Modena, con i suoi angoli caratteristici, le sue periferie grigie, le sue aziende, e i suoi locali. Tra i quali, appunto, Maxelà: “Appena entro trovo il calore delle trattorie a scaldarmi, quelle in cui ogni oggetto ha una storia e se bevi abbastanza puoi quasi sentirla. È così che apparecchiano i tavoli, tutto è nuovo naturalmente, ma fatto in modo da ricordarti cos’era prima. I tovaglioli sono seri, danno la soddisfazione di poterseli sfregare tra le mani, non quei fogli di carta velina che si sciolgono al primo uso. Afferro il bicchiere, che qui è la reliquia di una bottiglia a cui hanno tirato il collo, infatti è rimasto quanto basta del fondo per berci. Lo alzo per farlo vedere al cameriere, sa benissimo cosa portarmi: acqua gasata e chianti. Uno di quelli in bella mostra alle mie spalle, nelle nicchie illuminate, che intervallano la parete dipinta di rosso. Una bacheca del vino, per inculcare un po’ di gusto in certe testacce, capaci di bere solo Coca Cola”.
Una serata di buona letteratura, buona cucina, buone azioni, tutto naturalmente ‘al sangue’.