“Il 2020 è iniziato con quello che, a suo modo, può senz’altro definirsi un olocausto. In Australia – spiega il presidente del Comitato Progetto Chernobyl di Carpi, Novi e Soliera, Luciano Barbieri – oltre 3 miliardi di animali sono rimasti vittima degli immensi incendi che hanno sconvolto il Paese. Ma la natura, spesso ha saputo sorprenderci. Paradossalmente, infatti, dopo il terribile fallout radioattivo conseguente all’ esplosione della centrale nucleare di Chernobyl e l’abbandono dei territori circostanti in un raggio di 30 km, ha permesso via via negli anni alla flora e fauna di re-impossessarsi della cosiddetta zona morta”.
Luoghi inospitali e pericolosi per l’uomo a causa dell’alta contaminazione hanno visto proliferare una biodiversità inaspettata: volpi, orsi bruni, bisonti, lupi, linci, pesci e oltre 200 specie di uccelli hanno fatto della zona morta il loro rifugio. Una sorta di oasi naturalistica interdetta all’uomo che per il mondo vegetale e animale ha visto, in taluni casi, anche insorgere mutazioni e modifiche genetiche.
Quanto accaduto in Australia e in Bielorussia ben sintetizza la capacità dell’uomo di compromettere gravemente l’ambiente circostante a causa di scelte scellerate e sfide incaute, arrivando a mettere a rischio persino la sua stessa sopravvivenza.
Poi è arrivata la pandemia ad assestare un altro duro colpo e a ricordare a ciascuno di noi quanto l’essere umano sia fragile: “non si può proseguire nella distruzione di ecosistemi divenuti ormai sempre più fragili solo per trarne maggior profitto, anziché tutelare non solo per una questione utilitaristica ma anche etica e morale, ogni singola forma di vita presente e futura e l’unico pianeta nel quale viviamo e che condividiamo.
Tendiamo – prosegue il presidente Barbieri – a sfuggire alle sofferenze che ci circondano e, spesso per indifferenza, a rimuovere o a dimenticare le tragedie ormai lontane nel tempo le cui conseguenze, però, sono ancora drammaticamente attuali. La contaminazione radioattiva di Chernobyl è causa ancora oggi di patologie che colpiscono soprattutto le popolazioni residenti nelle zone rurali della Bielorussia meridionale. Persone lasciate sempre più sole, ancora di più in questi mesi terribili che, a causa della pandemia, ha impedito i viaggi all’estero di quelle migliaia di bambini e bambine che trascorrevano nei vari paesi europei un soggiorno di risanamento.
Sono mancati altresì i viaggi delle tante delegazioni internazionali in Bielorussia e con loro gli aiuti materiali ed economici. A ciò si è poi aggiunta la situazione successiva alla contestata rielezione, il 9 agosto 2020, di Lukascenko alla presidenza e le conseguenti proteste della popolazione per evidenti irregolarità. Proteste che a tutt’oggi proseguono e che vengono duramente represse con violenza e migliaia di arresti dalle forze di polizia e militare”.
In questo quadro complesso e drammatico i volontari del Comitato Progetto Chernobyl di Carpi, Novi e Soliera non mollano: “abbiamo il dovere di continuare, fino a quando ne avremo la possibilità, a sostenere il Progetto Rugiada, progetto di ospitalità in loco, per garantire un ristoro a chi vive in quei territori contaminati e abbandonati.
Nell’agosto 2020 – sottolinea Luciano Barbieri – abbiamo finanziato il soggiorno a 15 bambini. In questo progetto, la cura dei bambini e dell’ambiente naturale si fondono e si compenetrano, portando non soltanto un risanamento ma anche educazione al rispetto delle risorse e della terra”.
Nonostante le attuali difficoltà, comuni a tante associazioni del nostro territorio, legate all’impossibilità di organizzare iniziative di raccolta fondi, “per l’estate 2021 ci siamo impegnati a garantire a 10 bambini la possibilità di usufruire di questo soggiorno presso il Centro Nadjeida”, assicura Barbieri.
In questi giorni, come da oltre 20 anni a questa parte, il Comitato Progetto Chernobyl di Carpi, Novi e Soliera, si sarebbe presentato con i tanti banchetti offrendo Primule per la raccolta fondi da destinare al progetto.
“Purtroppo – conclude il presidente – non sarà possibile organizzare banchetti ma vogliamo ugualmente essere presenti consegnando simbolicamente una ciotola di primule a varie realtà locali e istituzionali quale testimonianza del particolare momento di sofferenza che anche le nostre comunità stanno vivendo a causa della pandemia.
La primula, presa oggi anche a simbolo della campagna vaccinale, si conferma, dunque, fiore della rinascita e della speranza di ritorno alla vita dopo un lungo inverno, che sia esso di gelo meteorologico o di pandemia”.
J.B.