Il Cielo lasciamolo agli angeli e ai passeri, scriveva il poeta tedesco Heinrich Heine, purtroppo però da anni questi uccellini non rallegrano più la nostra città coi loro vivaci cinguettii.
Riconosciuti da tutti come gli uccelletti più famigliari e diffusi, oggi i bambini carpigiani – e non solo – non hanno più la fortuna e il privilegio di ammirarli a pochi a passi di distanza mentre piluccano il terreno a caccia di semi e insetti. Ma a cosa è imputabile la scomparsa dei passeri dal nostro territorio? Purtroppo il fenomeno è ben più grave e riguarda tutti i paesi europei: le cause sono numerose ma gli studiosi non hanno ancora pienamente compreso quale sia quella che ha dato il via a questo declino tanto repentino.
“In Italia – spiega Daniela Rustichelli, delegata carpigiana della Lipu – vivono quattro specie di uccelli del genere Passer: sono il passero domestico (P. domesticus), diffuso in tutta Europa, il passero d’Italia (P. italiae) tipico del nostro Paese e di poche altre aree, la passera sarda (P. hispaniolensis) diffusa in Sardegna e Sicilia, e la passera mattugia (P. montanus) che si distingue per due caratteristiche macchiette sulle guance e che è la protagonista di una pubblicità di un noto marchio d’acqua”.
Il maschio di passero d’Italia, lungo 14 – 16 cm, è diverso dalla femmina: ha il capo di un color castano scuro che, a volte, vira al mattone, la gola nera e una striscia nera che dal sottogola si dipana come un bavero. Chi ha la pettorina più grande, macchia ostentata durante il corteggiamento e negli scontri per la predominanza, è il maschio che domina l’intera colonia. Il becco è di un color bruno pallido in estate mentre in inverno diventa più nero. La femmina invece, così come gli esemplari ancora giovani, ha un piumaggio più chiaro e mimetico che va dal marrone al beige. “Il canto dei passeri, il classico Cip Cip, – prosegue Daniela Rustichelli – un tempo risuonava in tutta la città. Oggi però quel sottofondo udibile ovunque nelle aree urbane come nelle campagne si è spento”.
Uccelli gregari, i passeri vivono in gruppo per tutto l’anno, trovando rifugio nei canneti, nelle zone umide, nelle siepi e dove la vegetazione è fitta, mentre in città prediligono cespugli e alberi delle chiome dense. “Non possono poi fare a meno di un rigenerante bagnetto di polvere, per eliminare eventuali parassiti”, sorride Daniela.
Un adagio popolare recita: Sei ingordo come un passero. “Questi uccelletti infatti trascorrono tutto il giorno alla ricerca di cibo. Tra le specie maggiormente adattabili, il passero può vivere in qualsiasi ambiente, anche a contatto con l’uomo. Sa trovare soluzioni ingegnose per risolvere problemi, sa apprendere e copiare dai propri simili strategie per trovare cibo ed è addirittura dotato di mappe mentali per raggiungere delle fonti di cibo attraverso percorsi stabiliti. La sua dieta è varia poiché il passero è un generalista, un onnivoro dunque, e anche se la sua dieta naturale è rappresentata da semi, prevalentemente granaglie e cereali maturi, e insetti soprattutto durante il periodo riproduttivo per sfamare i piccoli, non disdegna gemme e semi di erbe selvatiche. Spesso rovista tra i rifiuti e gli avanzi del cibo dell’uomo e non storce di certo il becco davanti al mangime per uccelli delle mangiatoie, anche se preferisce beccare i semi da terra. A eccezione della passera mattugia che ha comportamenti più discreti, il passero è un uccellino molto spavaldo nei confronti dell’uomo e non teme di avvicinarlo sui marciapiedi come nelle aie”.
Il calo della popolazione dei passeri si è registrato in tutta Europa e in tutte le specie ma, la più penalizzata, è la passera d’Italia che ora si trova solo a macchia di leopardo nel nostro Paese: “negli ultimi 10 anni stiamo assistendo a un lentissimo recupero ma tra la fine degli Anni ’90 e l’inizio dei Duemila c’è stato un calo drastico e alcune città, Carpi compresa, sono diventate dei veri e propri deserti. Resistono perlopiù degli esemplari di passera mattugia ma soltanto nelle frazioni, in campagna.
Tra le cause vi è senza dubbio la diminuzione di siti idonei alla riproduzione: “I passeri nidificano perlopiù sotto le tegole dei tetti, nei coppi, nelle cavità dei muri… lì la coppia porta tantissima paglia per riempire i buchi e formare una cupola voluminosa all’interno della quale formano poi un rivestimento morbido fatto di piume e muschio. La ristrutturazione degli edifici e la coibentazione dei tetti, compresi quelli dei casolari di campagna, hanno comportato una contrazione del numero dei siti adatti alla nidificazione di questa specie e ciò ha contribuito alla diminuzione di esemplari”.
Il declino degli ultimi decenni è anche legato alla “scomparsa dell’agricoltura tradizionale, all’impiego massivo di pesticidi, alla diminuzione degli insetti e all’inquinamento urbano. Per anni gli studiosi hanno sospettato che l’antidetonante messo nelle benzine provochi un calo di anticorpi negli uccelli: un indebolimento che – sottolinea la delegata Lipu – negli Anni Novanta, in seguito a una batteriosi abbattutasi su tutta l’Europa, abbia contributo in modo massiccio alla scomparsa dei passeri”. La predazione di gazze e ghiandaie di certo non ha aiutato ma, assicura Rustichelli, “questo tipo di competizione è solo una concausa”.
Secondo gli studi della Lipu, la popolazione italiana di passeri ammonta a 2-3 milioni di coppie, ma il trend è in forte declino. La conservazione della specie endemica, in particolare della Passera d’Italia, oggi in forte pericolo, è dunque fondamentale. Come? “Occorre evitare di ristrutturare durante il periodo riproduttivo e studiare dei modi per garantire la convivenza con questi uccelli mettendo delle mangiatoie in inverno per nutrirli e delle cassette nido artificiali (vanno bene anche quelle per le cinciallegre) in estate per dar loro la possibilità di nidificare. Inoltre, laddove ci sono edifici con vetri e specchio è necessario apporvi delle sagome anti collisione. E’ importante preservare prati stabili e siepi e chi volesse tentare di richiamare a sè questi bellissimi uccellini piantando qualche albero o cespuglio nel proprio giardino, sappia che amano berrette da prete, betulle, gelsi, meli e peri selvatici, olmi, pini, pioppi ma anche prugnoli, sambuco nero, sorbo degli uccellatori, platani e tutte le erbe graminacee, compresi girasoli e giavone”.
Nel carpigiano, i passeri resistono a San Marino, Santa Croce e Gargallo ma “le colonie presenti – ammette amaramente Daniela Rustichelli – diminuiscono di anno in anno. E’ fondamentale sensibilizzare le persone: questa specie sta venendo meno ed è dovere di tutti preservarla prima che si estingua del tutto. Il nostro invito è quello di segnalare alla nostra associazione la presenza di eventuali colonie affinché possano essere adottate delle azioni concrete per proteggerle”.
Il declino dei passeri segue, purtroppo, quello delle rondini, che ormai ci siamo abituati a vedere sempre meno nei nostri cieli. “Contrariamente alle rondini, però, – ha più volte ribadito l’etologo, nonché presidente onorario della Lipu, Danilo Mainardi – i passeri non sarebbero dovuti diventare una specie a rischio. Gli animali minacciati di estinzione, infatti, solitamente appartengono alla categoria degli specialisti. Per le rondini, se sparissero gli insetti che abitano il cielo, sarebbe una condanna definitiva. Questo perché gli specialisti non hanno tante frecce al loro arco, ma una soltanto. I passeri, invece, sono degli straordinari generalisti. Possono nutrirsi in tanti modi e di tante cose, ma soprattutto sono opportunisti e adattabili. Ciò che ancora non sappiamo è se troveranno un nuovo equilibrio, oppure se il loro declino implacabilmente continuerà. Speriamo nella prima ipotesi e vediamo di dar loro una mano”.
Jessica Bianchi