Mille alberi in più non basteranno

Il patrimonio arboreo del pianeta si sta impoverendo: è metà di quello che dovrebbe essere per compensare le emissioni dell’attività umana. Con l'obiettivo di individuare linee guida e azioni concrete la Commissione Consiliare Ambiente e Territorio del Comune di Carpi ha organizzato il seminario divulgativo 'Emergenza climatica. Strategie condivise per il nostro territorio' con gli esperti di Phoresta Onlus tra cui il carpigiano Guido Barbieri, agronomo.

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ph Fabrizio Bizzarri

Un albero di vent’anni assorbe venti chili di anidride carbonica, un bosco con 400 piante ne assorbe 8 tonnellate, un abitante della pianura padana ne produce 7 tonnellate (un cittadino degli Stati Uniti 16 tonnellate). Gli alberi da soli non bastano. “Facendo rimboschimenti (l’esempio è il bosco della biodiversità con 1.100 piante istituito da Phoresta Onlus a Bologna) diamo un esempio. Queste piante tra vent’anni assorbiranno co2 con la massima efficienza; nell’ attesa, non bisogna perdere di vista il patrimonio di alberi che abbiamo, conservandoli il più possibile, abbattendo le piante ma con cautela e attenzione cercando di salvaguardare le situazioni positive che sono presenti nel territorio” afferma il carpigiano Guido Barbieri, agronomo di Phoresta Onlus, associazione italiana impegnata in interventi di forestazione, servizi eco sistemici e divulgazione. Per contrastare i cambiamenti climatici servono azioni concrete, subito.

Guido Barbieri

È il momento di chiedere, e fare, sacrifici che abbiano un impatto significativo perché ognuno di noi respira diecimila litri di aria al giorno e deve essere pulita. Con l’obiettivo di individuare linee guida e azioni concrete per aiutare cittadini, imprese, associazioni e pubblica amministrazione ad affrontare le sfide climatiche ed ambientali del nostro territorio la Commissione Consiliare Ambiente e Territorio del Comune di Carpi ha organizzato il seminario divulgativo Emergenza climatica. Strategie condivise per il nostro territorio in diretta su you tube con la partecipazione degli esperti di Phoresta Onlus, aperto a tutti i cittadini, per iniziare a delineare alcune possibili azioni verso un cambiamento collettivo attivo.

Un pioppo di Fossoli assorbe l’anidride carbonica prodotta a Hong Kong

“I cambiamenti climatici (Climate Change) sono una questione globale e sistemica perché riguardano la terra nel suo complesso” esordisce il presidente di Phoresta Onlus Carlo Manicardi che entra nel dettaglio dei dati dell’IPCC, Intergovernmental Panel on Climate Change, la fonte più autorevole che monitora le emissioni clima alteranti che si distribuiscono nell’atmosfera e vi restano per almeno mille anni tanto che “se anche da domani non emettessimo più nulla comunque non si arresterebbe il surriscaldamento della terra.

Carlo Manicardi

Da oggi dobbiamo utilizzare meno l’auto, vietare l’uso di veicoli a diesel vicino alle scuole per evitare che un’alta concentrazione di persone possa essere esposta al rischio di tumore al polmone, controllare tutte le caldaie, aumentare l’efficientamento energetico degli edifici, ridurre drasticamente il consumo di carne per la cui produzione viene utilizzato il 70% dell’acqua disponibile: chi non può permettersi di fare queste cose deve compensare le proprie emissioni (pagando la natura perché faccia quello che sa fare) per ridurre la concentrazione di co2 in atmosfera. Un albero assorbe la co2 ovunque sia prodotta perché i gas clima-alternati si distribuiscono in tutta l’atmosfera. Non è importante dove ma che gli alberi vengano piantati. Anche fossero miliardi di piante, oggi assorbirebbero comunque la metà delle emissioni annuali di co2”. Per questo oggi è più che mai necessario ridurre la produzione di co2.

Il patrimonio arboreo del pianeta si sta impoverendo: è metà di quello che dovrebbe essere per compensare le emissioni dell’attività umana

 Come si è arrivati alla situazione di oggi? “Il patrimonio arboreo del pianeta si sta impoverendo progressivamente e molto rapidamente: ad oggi è la metà di quello che dovrebbe essere per compensare efficacemente tutte le emissioni prodotte dall’attività umana. Per invertire la tendenza occorre piantare alberi nuovi boschi foreste occupare spazi inutilizzati e superfici agricole marginali creando dense compagini arboree con funzioni di filtro tra la periferia e i centri urbani, a margine delle strade ad alta percorribilità ma più in generale ovunque sia possibile”. Il verde in città incide marginalmente sui grandi numeri e, per Barbieri, ha una valenza estetica perché se ben concertato è in grado di armonizzare la città e un effetto funzionale perché, oltre a ridurre co2 e produrre ossigeno, garantendo ombreggiamento consente condizioni di vita più gradevoli. “Emerge con sempre più evidenza nelle città la proliferazione delle isole di calore luoghi dislocati in centri e periferie rappresentano l’effetto indesiderato di cementificazioni spinte dove non si sono attuate misure di mitigazione con l’inserimento di alberi”. E cita esempi anche a Carpi presso alcuni centri commerciali dove parcheggi interrati o in copertura avrebbero permesso di conseguire risultati più ecocompatibili ma anche in moderni centri residenziali che hanno cancellato il verde, anche se incongruo pur sempre utile e piacevole. Alcune tratte cittadine, come via Manzoni (in foto), si sono spogliate e, con un assetto del verde non completamente ripristinato, rasentano le condizioni di isole di calore.

Pubbliche amministrazioni vs comitati

“Ci si sorprende che si abbattano sempre più alberi ma le pubbliche amministrazioni tutte o quasi si trovano di fronte alla stessa emergenza: gli alberi manifestano una maggiore propensione al rischio cedimento da cui deriva un aumento degli abbattimenti. Il patrimonio arboreo delle nostre città è inesorabilmente invecchiato con un’età di 50, 60, anche 70 anni, fattore che non rappresenterebbe un problema per un albero isolato in campagna ma in un centro urbano sì”. Oltre all’età, gli alberi di città devono fare i conti con la cementificazione che ha reso il terreno asfittico e inospitale alle radici; il livello di inquinamento più elevato; il microclima le cui mutazioni incidono su alcune essenze arboree; l’equilibrio dell’ecosistema stravolto con la conseguente mutazione del rapporto tra insetti. A un professionista del settore torna difficile pensare che gli abbattimenti siano un’azione di accanimento specifico e volontario nei confronti degli alberi a meno che non si trovi davanti a conclamati episodi di superficialità o incompetenza al tempo stesso non è trascurabile l’azione di protesta dei comitati per la difesa degli alberi interessati alla conservazione di un ambiente minimo se non migliore. È una partita complessa ma Barbieri si rivolge alle pubbliche amministrazioni sottolineando il fatto che “probabilmente non hanno adeguatamente previsto quindi programmato, negli anni dello sviluppo si è perso tempo, non si sono sviluppati lungimiranti master plan immaginando le probabili conseguenze dello sviluppo e quindi dell’inquinamento, della densità abitativa, di una vasta cementificazione. Il consiglio ora può essere solo quello di investire dando concretezza alle promesse perché il tempo è poco: promuovere piani di mobilità combinati, un maggiore impegno sull’educazione a corretti stili di vita che possono, da soli, ridurre le emissioni inquinanti alla pari di migliaia di alberi”. Cosa suggerire ai comitati? “Di continuare a mantenere in primo piano questi temi con il giusto atteggiamento pretendendo he nuove urbanizzazioni siano realizzati ritagliando spazio al verde mai abbandonando o eliminando quello che di utile è rimasto”.

Non possiamo continuare ad affidarci al meteo

Non c’è stato l’atteso beneficio in conseguenza dell’epidemia per Carlo Coluccio, esperto in mobilità sostenibile, di Phoresta onlus e nel bacino padano le misure di contenimento degli ultimi dieci anni sono state “ininfluenti”. Ci siamo affidati al meteo e oggi piantare alberi non sarà più sufficiente: occorrono interventi efficaci, investimenti e controlli. “In Italia mancano i controlli e le sanzioni. Tutti parlano di diesel ecologici ma nessuno li controlla e, nonostante l’Oms dica che è cancerogeno, nel 2020 l’Italia continua a incentivare auto che sono già fuori dai limiti medi consentiti e continuano a inquinare”. Che fare? “L’obiettivo è la decarbonizzazione nel giro di dieci anni.  Bisogna cominciare a pretendere di fare i test su strada come previsto dalla nuova normativa, puntare sulle auto ibride, elettriche e sulla sperimentazione delle auto a idrogeno. C’è anche chi ha già pensato alla seconda vita delle batterie come Nissan che in Olanda le ha recuperate per immagazzinare energia elettrica e illuminare i campi da calcio”. Le amministrazioni pubbliche non possono “permettere che un camion a gasolio per supportare il carrello durante i lavori rimanga acceso in un luogo affollato del centro città: bisogna implementare questo tipo di regole”. E vietare l’uso dei liquami in agricoltura promuovendo la nascita di impianti che digeriscono questi liquami togliendo la frazione gassosa (co2 e metano) e restituendo fertilizzante: i comitati di cittadini che ne ostacolano la realizzazione fanno del male a sé stessi e a noi tutti”. Nell’ambiente urbano, comunque, non speriamo troppo nei risultati ottenuti dagli alberi perché la battaglia è impari contro l’inquinamento.

Sara Gelli

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