Sabato 30 gennaio è stato l’ultimo giorno trascorso tra scaffali, libri e documenti antichi. Dopo 31 anni di lavoro infatti, Emilia Ficarelli, direttrice della Biblioteca Falco Magico e del Castello dei ragazzi sin dalla loro nascita nei primi Duemila e da tre anni a questa parte anche della Loria, è andata in pensione.
Ora Emilia fa la nonna, ma solo “part time”, ride, perché l’amore per la lettura è qualcosa che va ben oltre la vita professionale e, annuncia, “qualcosa continuerò a fare, sono troppo abituata a leggere, non so stare senza un libro in mano, ma sono a casa da poco più di una settimana, mi prenderò il tempo tempo per pensare a quali progetti dedicarmi e per mettere in fila i miei pensieri”.
Una carriera, quella di Emilia, segnata soprattutto dall’esperienza del Castello dei Ragazzi, “un istituto originale in cui abbiamo creduto e investito – racconta – una sorta di unicum nel panorama nazionale. Un luogo in cui abbiamo da sempre voluto far convivere libri e giochi di qualità, un binomio di fronte al quale molti storcevano il naso ma, oggi, anche le biblioteche più tradizionali si stanno aprendo a giochi di società e videogame, consce che vi è un’utenza che ha famigliarità come questi linguaggi e che tali strumenti possono facilitare l’alfabetizzazione. Raccogliere il testimone di Anna Prandi, con cui ho iniziato a lavorare sin dal 1990, alla direzione della Loria è stato un privilegio nonché un’esperienza formativa molto importante per me. Ricordo con piacere ogni Festa del Racconto e ogni Festa del gioco passate, così come non nascondo di essermi fatta profondamente affascinare dal Fondo antico della Loria, il Franciosi, giunto in biblioteca agli inizi del Novecento e contenente numerosi libri di medicina. Per non parlare della donazione del Fondo Garuti coi suoi innumerevoli libri e documenti sulla storia di Carpi”.
Numerosi gli incontri che serba nel cuore, su tutti, quello con l’indimenticato maestro Lele Luzzati: “non potrò mai dimenticare ciò che mi disse di fronte alla Casa sull’albero, in occasione dell’inaugurazione del Castello dei Ragazzi. Quando gli chiesi cosa rappresentasse per lui, mi rispose: Un luogo di ritiro, per poi volare più in alto. Un’espressione potente che mi è entrata dentro”. E poi ci sono gli autori incontrati durante le varie edizioni della Festa del Racconto, “da Clara Sanchez a Ezio Mauro, da Massimo Gramellini a Concita De Gregorio, a Jonathan Coe. Persone grandi ma dall’inaspettata umiltà. Conoscerli e avere la possibilità di ascoltarli qui, a Carpi, la città che professionalmente mi ha adottata, è stata non solo una scommessa vinta ma anche una grande emozione”.
A mancarle di più, ammette Emilia Ficarelli, “sarà la quotidianità del libro. Annusare la carta di tutte le novità che puntualmente arrivavano in biblioteca. E poi il pubblico, gli utenti. Negli anni, soprattutto gli ultimi, essendo assorbita dalla direzione e dunque dalla gestione amministrativa, ho spesso ripensato con nostalgia al lavoro fatto con le classi a contatto coi ragazzi e col pubblico perché è proprio in quel rapporto diretto, frontale, che comprendi quali sono i bisogni di chi hai di fronte. Sono le domande e i dubbi degli utenti a indicarti quale strada intraprendere. E’ in quello spazio condiviso che ti giochi tutto e quando offri un servizio alla città non puoi sottrarti a tale confronto”. In un tempo sempre più all’insegna del digitale per Emilia il libro in quanto oggetto non corre comunque il rischio di scomparire: “il dibattito in tal senso è acceso – spiega – ma io sono convinta che il libro di carta sopravviverà e non lo dico certo da nostalgica bibliotecaria, non tutti sono disposti a rinunciare al piacere di sfogliare le pagine… Un libro porta con sé una storia, è come un documento d’archivio, racconta qualcosa che va ben oltre il contenuto. E poi intorno a questo oggetto c’è una vera e propria arte, dalla legatura al tipo di carta, all’illustrazione… cose che on line non esistono. La scommessa è far convivere carta e digitale”.
Un mondo, quello della lettura, che ne apre infiniti altri e che mai conosceremmo: “quando mi sono congedata dai miei colleghi ho lasciato loro in dono un pieghevole con varie citazioni letterarie. Tra queste sono particolarmente affezionata a una di Herman Hesse il quale ci ricorda come chi voglia conoscere a fondo se stesso e il mondo, non possa far altro che andare in una biblioteca. Perché è lì che trovi racchiuso il sapere. La conoscenza è nel testo, nella parola… fisici o dematerializzati che siano”. Ecco perché in un mondo sempre più “virtuale”, secondo Emilia Ficarelli, le biblioteche hanno ancora un senso ma solo se saranno capaci di evolversi, interpretando i cambiamenti del nostro tempo: “è necessario dare al lettore qualcosa che lui ha in mente ma che non gli è ancora chiaro. Anticiparlo, soddisfare un suo bisogno inespresso. Oggi abbiamo sempre tante cose in testa e fatichiamo a chiarire quale percorso prendere, ecco perché avere di fronte qualcuno in grado di anticipare i bisogni degli utenti è un plus. A causa del Covid, poi, da un anno le biblioteche offrono un servizio minimo, gli utenti non possono far altro che prenotare un libro e ritirarlo quando la nostra forza è farlo scegliere direttamente di fronte a uno scaffale. Serviranno passione e costanza per recuperare questo tempo che ha allontanato utenti e biblioteche. I nostri sono istituti a servizio della cittadinanza e dunque fino a quando gli utenti continueranno a trovarvi ciò che li interessa, avranno futuro. Per interpretare i bisogni del pubblico però occorre studiare, cercare, avere uno sguardo largo, tessere relazioni con altri soggetti, oltre a sviluppare una forte capacità relazionale. Occorre crederci, senza demonizzare i nuovi strumenti di formazione e informazione che peraltro tutti noi frequentiamo. Percorrere tutte due le strade dell’alfabetizzazione, quella tradizionale e quella digitale, non è più una scelta, è un imperativo”.
Jessica Bianchi