Viviamo in una camera a gas

L’Emilia Romagna soffoca. Sempre più. “Viviamo in una valle: se non si spengono le sorgenti inquinanti è impossibile non sforare i limiti. Ogni volta che avremo qualche giorno di alta pressione, i valori delle PM10 saliranno. E’ fisiologico”, spiega il dottor Vittorio Marletto, già responsabile dell’Osservatorio Clima Arpae. E allora che fare? “Il problema è gravissimo - ammette Marletto - e andrebbe affrontato in modo radicale ma manca il coraggio. I provvedimenti di contenimento sono del tutto inefficaci”.

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L’Emilia Romagna soffoca. Sempre più. Sono nove le città della nostra regione tra le prime 100 nella classifica europea sul tasso di mortalità da polveri sottili. E’ quanto emerge dallo studio condotto dall’Università di Utrecht, dal Global Health Institute di Barcellona e dal Tropical and public health Institute svizzero. Piacenza è la prima città emiliano-romagnola al 25esimo posto, seguita da Ferrara (26), Carpi (33), Parma (38), Modena (50), Sassuolo (60), Bologna (73), Forlì (82) e Ravenna (89), a cui si aggiunge Rimini (161esima). Un dato a dir poco allarmante.

Un’emergenza talmente cronica da non fare però quasi più notizia. Tra il 13 e il 22 gennaio, Modena e Reggio Emilia per ben dieci giorni di fila hanno sforato i limiti stabiliti per legge di PM10 (che prevedono che non si oltrepassino i 50 microgrammi per metro cubo in media in una giornata), ovvero l’insieme di sostanze solide e liquide sospese nell’aria che respiriamo, nonché il principale inquinante nelle aree urbane.

I valori delle PM10 schizzano alle stelle ogni volta che torna “l’alta pressione e i provvedimenti di contenimento sono del tutto inefficaci”, spiega il dottor Vittorio Marletto, ex responsabile dell’Osservatorio Clima Arpae nonché componente del Comitato scientifico Europa Verde dell’Emilia Romagna.

“Ormai, per ripulire l’aria non ci resta che confidare nei venti e nelle precipitazioni. E’ intollerabile”.

I blocchi del traffico stabiliti dalla Regione, infatti, che si ripetono da anni a questa parte, sono solo una corsa ai ripari immediata ma dall’efficacia pressoché minima poiché, prosegue Marletto, “tutti continuano a circolare coi propri mezzi, anche quelli altamente inquinanti, gli impianti di riscaldamento funzionano a pieno regime e nei centri urbani sempre più cittadini optano per legna e pellet per scaldare le proprie case ma termostufe, termocamini e caminetti emettono molte polveri, anche se sono impianti domestici e di piccole dimensioni. Tanto non c’è nessuno che controlla. Queste azioni, nonostante gli apparenti inasprimenti apportati dalla Regione Emilia Romagna, non sono altro che palliativi. In Lombardia il blocco dei veicoli più inquinanti è di 12 ore mentre in Emilia scende a 10, dalle 8,30 alle 18,30. Il divieto così diventa facilmente aggirabile. Il problema è emergenziale in tutta la pianura padana e allora perché vi sono disomogeneità tra Piemonte, Veneto, Lombardia ed Emilia? Non sarebbe più efficace un’azione identica e coordinata tra vicini? D’altronde siamo tutti sulla stessa barca”. 

Il problema è gravissimo, ammette Marletto, e andrebbe affrontato in “modo radicale ma mancano il coraggio, la volontà. Viviamo in una valle: se non si spengono le sorgenti inquinanti è impossibile non sforare i limiti. Ogni volta che avremo qualche giorno di alta pressione, i valori delle PM10 saliranno nuovamente. E’ fisiologico e noi respireremo i gas di scarico confinati in pochi metri e vicini alla superficie del terreno”.

E allora che fare? “Eliminare le combustioni puntando all’elettrico e agire sulle concimazioni organiche. Occorre intervenire in modo deciso sull’agricoltura affinché i liquami, che contribuiscono alla formazione di polveri sottili, non vengano più irrorati in aria bensì depositati, con appositi macchinari, direttamente nei primi centimetri di terreno, come ha già fatto l’Olanda ad esempio”.

Insomma, dobbiamo aggredire le emissioni e diventare un Paese che non spreca energia e “sfrutta quella derivante da sole, vento, acqua… su tutte le superfici già consumate e cementificate, ad esempio, – rilancia Marletto – dovrebbe diventare obbligatoria l’installazione di pannelli fotovoltaici”. E, ancora, è necessario che tutto il trasporto, pubblico e privato, punti all’elettrico: “il motore a scoppio è un sistema di produzione di energia del tutto inefficiente. L’80 percento del carburante, infatti, viene sprecato in calore mentre solo il 20 percento si trasforma in movimento. Questo significa che 4 petroliere su 5 se ne vanno in calore. Inaccettabile! I motori elettrici, al contrario, sono altamente efficienti e freddi”. 

E che dire poi del patrimonio edilizio italiano? Edifici colabrodo che potrebbero diventare il volano della ripresa economica. “Se facessimo simbolicamente il cappotto all’Emilia Romagna – conclude Vittorio Marletto – la domanda energetica calerebbe e il sistema diverrebbe maggiormente efficiente. Per scaldare un’abitazione basterebbe una pompa di calore alimentata elettricamente. In questo modo si scalderebbero – o climatizzerebbero – gli ambienti impiegando anche fonti rinnovabili e dicendo così addio alle caldaie a gas”. In un sistema di questo tipo vincerebbero tutti e a beneficiarne sarebbero l’ambiente, la salute pubblica (con un calo nel numero di allergie, di patologie respiratorie e una minore incidenza di tumori), l’economia del Paese e le tasche di tutti noi”. 

Jessica Bianchi

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