Quando il medico di famiglia latita…

Si fa un gran parlare di telemedicina e medicina territoriale ma se i medici di famiglia non si attrezzano per fronteggiare il cambiamento imposto dal Covid - così come l’altro tsunami in arrivo, ovvero la cronicizzazione delle patologie legata a una popolazione sempre più vecchia - il sistema crollerà. La pandemia ha reso evidenti lacune già esistenti ma ora i cittadini sono davvero esasperati: la testimonianza.

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Il medico della mutua,un film del 1968 diretto da Luigi Zampa e interpretato da Alberto Sordi

“Siamo in piena pandemia, eppure gli orari degli ambulatori medici sono esattamente quelli di prima. Non capisco perchè gli studi associati non abbiano optato per una differente organizzazione: i vari medici non potrebbero turnare e garantire così la propria presenza ai pazienti sette giorni su sette? Una dilatazione degli orari mi pare il minimo a fronte della gravità dell’emergenza che stiamo vivendo”. A parlare è una carpigiana ed è a dir poco indignata: “la mia dottoressa non fornisce nè una mail nè un numero di cellulare da contattare in caso di necessità, e quindi ogni volta si è costretti a passare per la segretaria. Nel weekend una voce registrata ti rimanda alla guardia medica ma conosco tante persone che, spaventate o preoccupate per un sintomo, sentendosi abbandonate, anziché andare a Meditem, si recano direttamente in Pronto Soccorso. Accesi impropri che potrebbero essere evitati se tutti facessero il proprio mestiere con serietà e accuratezza”. Attese a parte, dal momento che le linee sono spesso intasate, “è pressoché impossibile parlare col proprio medico. Lasci messaggi su messaggi e spesso non vieni nemmeno richiamato, è davvero vergognoso. A settembre mio figlio aveva la febbre: ho impiegato due giorni prima di riuscire a ottenere una risposta. Quando ho chiesto spiegazioni di tale ritardo mi sono sentita dire che il post it sul quale la segretaria aveva appuntato il mio recapito era stato perduto. Non ci ho più visto e ho fatto una segnalazione all’Urp – Ufficio Relazioni con il Pubblico. Credo che questa mancanza di organizzazione e la totale incapacità di dare una priorità ai bisogni dei pazienti siano davvero scandalose”.
Il Covid ha reso evidenti lacune già esistenti ma ora i cittadini sono davvero esasperati: la pandemia ci ha travolti come uno tsunami e ha completamente mutato il paesaggio. Nulla è più come prima. La realtà che abbiamo vissuto fino allo scorso anno non tornerà, poiché l’irruzione del Coronavirus non lascerà cicatrici profonde solo nelle nostre vite ma inciderà notevolmente in numerosi aspetti della società, dal modo di organizzare il lavoro all’assistenza sanitaria. Si fa un gran parlare di telemedicina e medicina territoriale ma se i medici di famiglia non si attrezzano per fronteggiare il cambiamento imposto dal Covid – così come l’altro tsunami in arrivo, ovvero la cronicizzazione delle patologie legata a una popolazione sempre più vecchia – il sistema crollerà.
“Perchè le impegnative per le visite specialistiche – prosegue la nostra concittadina – non possono essere spedite va mail, previa autorizzazione del paziente? Perchè, a fronte di un’elevata circolazione del virus e in pieno inverno, sono costretta a recarmi presso lo studio medico, per un semplice ritiro? Perchè le richieste per una ricetta devono essere inserite nelle cassetta posta fuori dall’ambulatorio? Cos’è, la letterina di Babbo Natale? Siamo al ridicolo”.
Ma a far salire ancor di più la frustrazione della signora è stata la gestione del suo tampone molecolare: “la comparsa di uno stato febbrile ha indotto la mia dottoressa a prescrivermi un tampone al drive trough. Dal momento che non ho il fascicolo sanitario obbligatorio, strumento che attiverò al più presto, il medico mi ha detto di chiamarla dopo un paio di giorni per farmi dire l’esito, anticipando così i tempi di ricezione del messaggio della Sanità pubblica”. Non avendo ricevuto alcuna comunicazione da parte della Sorveglianza sanitaria, la signora, come suggeritole dal suo stesso medico l’ha chiamata nel momento indicatole, peccato che “il giovedì pomeriggio non sia mai presente in studio perché occupata a fare visite domiciliari. Ho richiamato il mattino dopo alle 8,30 ma lei non era ancora arrivata poiché impegnata a casa di pazienti. Fortunati: io, in anni, non ho mai avuto questo onore quando mi sono ammalata… E’ stata un’attesa snervante poi, finalmente, la segretaria mi ha telefonato dicendomi che il tampone era negativo. A quel punto, se la privacy è questa, tanto vale che i risultati dei test vengano lasciati in segreteria in modo tale che chiunque chiami sappia immediatamente l’esito. Mi pare ragionevole”. A quel punto però si è posto un altro problema: come dimostrare la propria negatività al datore di lavoro senza alcuna documentazione in mano? “Ho chiesto se potevano inviarmi l’esito via mail. Mi hanno risposto che dopo averlo stampato potevo andare in studio a ritirarlo. Ho staccato la comunicazione”. A porre fine alla farsa ci ha pensato il Dipartimento di Sanità Pubblica: “quando mi è arrivato l’sms sul telefono, ho tirato un sospiro di sollievo”.
Jessica Bianchi

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