Il carpigiano Lorenzo Prandi, 27 anni, fa il capo chef in un ristorante in Cina e racconta: “qui è tutto aperto. Continuiamo a usare le mascherine ma siamo usciti dall’emergenza sanitaria”.
Là dove tutto è iniziato, in Cina, la pandemia sembra essere ormai superata, almeno per quanto riguarda le abitudini quotidiane dei cinesi e le attività commerciali.
A parlarcene è il carpigiano Lorenzo Prandi, classe 1993, capo chef del ristorante “Buongiorno” a Canton, nel sud della Cina, dove si è trasferito da ormai sei anni.
“Da inizio luglio siamo pressoché tornati alla normalità. Ad oggi si contano pochissimi casi in tutta la Cina, e tutte le attività commerciali, ricreative e culturali (negozi, bar, ristoranti, piscine, palestre, discoteche, cinema e teatri) sono sempre aperti, pur rimanendo l’obbligo di mascherina in questi luoghi così come nei supermercati e in altri ambienti affollati.
A livello economico mi pare che abbiamo sofferto poco rispetto agli altri Paesi del mondo. I ristoranti cinesi sono sempre pieni, e le aziende cinesi che lavoravano per il mercato interno sono a pieno regime.
Noi stranieri siamo molto più controllati e spesso soggetti a discriminazione rispetto alla gente locale.
In particolare, durante i mesi più delicati (marzo-giugno) molti taxi non mi facevano salire perché ero straniero, entravo in ascensore e spesso i cinesi uscivano per paura di essere contaminati”.
Puoi ripercorrere la tua esperienza in Cina da quando è scoppiata la pandemia da Covid-19?
“Dopo una breve pausa in Italia, sono rientrato in Cina a marzo 2020. Ho fatto 14 giorni di quarantena videosorvegliata nel mio appartamento.
Da marzo a luglio le misure di contenimento del virus sono state abbastanza stringenti. Nel ristorante potevamo ospitare un numero molto limitato di persone ed eravamo soggetti a controlli quasi quotidiani. Io sono stato sottoposto a sei tamponi per coronavirus, e ho dovuto fare un’ulteriore quarantena di quattro giorni ad aprile. All’ingresso di ogni locale (bar o ristorante) era obbligatoria la registrazione per rendere possibile la rintracciabilità dei soggetti a rischio”.
Il vostro ristorante ha risentito della pandemia?
“Come ristorante italiano abbiamo sempre lavorato con travellers e business man provenienti da ogni parte del mondo che, a causa della pandemia, lo scorso anno sono calati.
Inoltre, anche molti italiani che vivevano in Cina sono rientrati in Italia la scorsa estate.
Pertanto, abbiamo dovuto ridurre lo staff del 50% e, al momento, ho quattro ragazzi in cucina e quattro in sala, oltre ai lavapiatti. Inoltre, da febbraio 2020, da quando cioè il nostro General Manager non è rientrato in Cina, sto svolgendo anche la mansione di manager.
Però qui in Cina si guarda a questo inizio del nuovo anno con ottimismo e si pensa che il peggio sia passato. E anche io, personalmente, guardando il quadro mondiale, mi ritengo fortunato a vivere qui, ad avere un lavoro per il momento e a poter condurre una vita quasi normale”.
Chiara Sorrentino