65 positivi al Quadrifoglio, qualcosa è andato storto

Ieri al Quadrifoglio non c’era nessuno a rispondere al telefono poiché tutte le risorse erano impegnate nell'assistenza agli utenti ma oggi la direzione ha individuato una persona dedicata alle telefonate ai famigliari a cui dovrebbe aggiungersene un’altra in appoggio dal Carpine. Comunicazione a parte, è evidente, soprattutto in considerazione dell’alto numero di contagi avvenuto tra gli operatori che qualcosa sia decisamente andato storto, come sottolinea l’avvocato Gianni Casale del Comitato Regionale dei familiari delle vittime Covid-19 nelle strutture dell’Emilia-Romagna: “nella prima ondata ci siamo sentiti rispondere che era un evento inaspettato. Hanno allargato le braccia dicendoci: cosa potevamo fare? Ora però a sei mesi di distanza questa situazione non è più tollerabile. Il virus non viene portato dentro alle strutture dai famigliari, da sempre contingentati e sottoposti a rigidi controlli. Senza puntare il dito contro nessuno è evidente che non può essere di certo puntato contro i famigliari”.

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Della prima positività di un operatore all’interno della casa di riposo Quadrifoglio, gestita dalla Cooperativa Domus, abbiamo avuto notizia lo scorso venerdì. Dal 23 ottobre a oggi sono già 65 i contagiati e il bilancio non è ancor definitivo dal momento che alcuni tamponi eseguiti devono ancora essere refertati. 35 ospiti (su 90) e 30 operatori (su 50) sono stati contagiati: un vero e vero tsunami quello che ha travolto la casa di residenza anziani.
Cresce la preoccupazione dei famigliari lasciati, in molti casi, ancora senza alcuna spiegazione sullo stato di salute dei propri cari. “Noi familiari abbiamo appreso dell’irruzione del Covid nella struttura dai giornali. Mio suocero è lì – racconta una carpigiana – e nonostante i nostri numerosi solleciti telefonici nessuno sa darci risposte concrete. Prima sembrava fosse senza sintomi e spostato in un’area della struttura Covid-free, ora ci dicono che ha un po’ di febbre ma è tutto sotto controllo, ma non si è capito se hanno fatto un tampone, due tamponi o nessun tampone. Ogni persona con cui si parla dà una versione diversa e non si hanno risposte chiare Quasi tutti quelli con cui ci siamo confrontati sono nella medesima situazione. Siamo preoccupati, vista l’età dei nostri cari, e davvero molto confusi”.
Anche altri due famigliari denunciano scarsa chiarezza e poca comunicazione: “alcuni giorni fa eravamo stati avvertiti del fatto che si erano registrati alcuni casi, avevano minimizzato dicendo che ci avrebbero tenuti informati. Da allora il silenzio. Più nulla”.
L’Amministrazione Comunale ha espresso grande preoccupazione per la situazione creatasi e ha chiesto con forza al gestore e all’Ausl di fare tutto il possibile per gestire l’emergenza sanitaria e consentire la continuità dell’assistenza messa a dura prova dall’elevato numero di operatori contagiati e pertanto assenti. “La copertura dei turni di lavoro – spiega l’Amministrazione in una nota stampa – è assicurata spostando personale da altre strutture, rinforzando il gruppo dei responsabili attività assistenziali ed esternalizzando alcune attività alberghiere. E’ stato, inoltre, chiesto all’Ausl ulteriore supporto di personale sanitario per garantire adeguata sorveglianza degli ospiti”.
Un appello che l’Azienda sanitaria ha raccolto, nella giornata di ieri, infatti, al Quadrifoglio si è recata anche la dottoressa Chiara Pesci, primario del Pronto soccorso del Ramazzini, insieme a degli ecografisti per monitorare gli ospiti.
Sempre nella giornata di ieri al Quadrifoglio non c’era nessuno a rispondere al telefono poiché tutte le risorse erano impegnate nell’assistenza agli utenti ma oggi la direzione ha individuato una persona dedicata alle telefonate ai famigliari a cui dovrebbe aggiungersene un’altra in appoggio dal Carpine.
Comunicazione a parte, è evidente, soprattutto in considerazione dell’alto numero di contagi avvenuto tra gli operatori che qualcosa sia decisamente andato storto, come sottolinea l’avvocato Gianni Casale del Comitato Regionale dei familiari delle vittime Covid-19 nelle strutture dell’Emilia-Romagna: “nella prima ondata ci siamo sentiti rispondere che era un evento inaspettato. Hanno allargato le braccia dicendoci: cosa potevamo fare? Ora però a sei mesi di distanza questa situazione non è più tollerabile. Il virus non viene portato dentro alle strutture dai famigliari, da sempre contingentati e sottoposti a rigidi controlli. Senza puntare il dito contro nessuno è evidente che non può essere di certo puntato contro i famigliari e noi ci batteremo su questa linea”.
Jessica Bianchi

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