Ciclisti, una strage senza fine

Da settimane in città imperversa la polemica: la Rete di Mobilità di Emergenza non convince e i numerosi detrattori pensano sia solo un alibi adottato dall’Amministrazione per non investire in piste in sede propria e passaggi - sopraelevati o interrati - destinati a pedoni e ciclisti nei punti più critici della città, come via dell’Industria. La strada su cui Marco Pecchini ha trovato la morte lo scorso 8 ottobre.

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E’ Marco Pecchini il ciclista che giovedì 8 ottobre ha trovato la morte su via Dell’Industria travolto da un’auto, all’altezza dell’incrocio con via Degli Inventori. Un impatto violentissimo e la bici è finita a terra, dopo aver infranto il vetro del parabrezza della Fiat 500 guidata da una ottantenne carpigiana. Via dell’Industria, come denunciato da tempo, è un asse viario estremamente pericoloso per le due ruote poiché privo di una pista ciclabile in sede propria e, soprattutto, di un attraversamento ciclopedonale che consenta a chi deve raggiungere la zona industriale di arrivare sano e salvo dall’altra parte. Una tragedia annunciata che oltre al dolore ha sollevato un gran polverone anche sulla pagina Facebook di Tempo. Rina, da ciclista, ammette amaramente “di non essere mai sicura di rientrare a casa sana e salva”. Samuele invece, provocatoriamente, proclama: “non siamo mica birilli”. E poi vi è la schiera dei lavoratori, come Andrea: “la sicurezza stradale dei ciclisti dev’essere veramente presa in considerazione. Un operaio che lavora nella zona industriale e volesse usare la bicicletta non si sente sicuro”. A Carpi, aggiunge Enus, “siamo indietro 100 anni rispetto ai comuni limitrofi”. “Girare in bici, rispettando le regole, è pericoloso – gli fa eco Monica – sia per lo stato delle strade, tutte buche e dislivelli, sia perché la gente che guida ha fretta e va troppo forte. Vero che ci sono anche ciclisti indisciplinati ma, la maggior parte delle volte, la gente al volante si arrabbia perché li vede solo come un ostacolo. Gli automobilisti credono di avere più diritti: dovrebbero provare a girare in bici a bordo strada, con l’asfalto in condizioni pessime. Rischi di cadere ogni tre per due e ti fanno male i polsi per le vibrazioni e le botte dovute alle irregolarità continue. Poi, dovrebbero provare cosa vuol dire essere superati da auto che ti fanno il pelo a velocità sostenuta… Sono loro i più indisciplinati”. Da settimane in città imperversa la Buriana: la Rete di Mobilità di Emergenza non convince e i numerosi detrattori pensano sia solo un alibi adottato dall’Amministrazione Comunale per non investire in piste in sede propria e passaggi – sopraelevati o interrati – destinati a pedoni e ciclisti nei punti più critici della città. Se tale cambio di rotta segna comunque un passo avanti nella promozione della ciclabilità cittadina alcuni dubbi rimangono. Perchè non si è partiti dai nodi più pericolosi – come via dell’Industria appunto o via Alghisi, giusto per fare alcuni esempi di assi rientranti nel progetto della RME – anziché da vie minori? E, ancora, la ciclabile che congiunge via Ramazzini a via Canalvecchio era davvero la prima da cui partire? Dopo anni di immobilismo, la gestione delle priorità dei nostri amministratori lascia alquanto perplessi. Insomma, come commenta Dany sulla pagina Facebook, “servono delle ciclabili, (in punti nevralgici aggiungiamo noi) altro che centri commerciali”. Non avremmo saputo dirlo meglio.

Jessica Bianchi

 

 

 

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