Quanto accaduto a Carpi negli ultimi vent’anni non ha alcun precedente nella sua storia secolare. Nel giro di due decadi è stato cementificato il doppio del territorio consumato nel precedente secolo. Fino al 1999 il territorio consumato nel carpigiano ammontava a 1.466 ettari (ha) circa, secondo i dati del rapporto SoS4Life e i dati Ispra. Nel 2016 la cementificazione ne ha bruciati quasi 2600 ha. Tenendo conto che la velocità media annua del consumo di suolo negli anni 2000 si aggira sui 70 ha, oggi il territorio bruciato di Carpi arriva con tutta probabilità a 2800 ha. Il doppio in soli vent’anni. Il piano regolatore che ha normato questo scempio è del 2000: le giunte che hanno permesso che questo disastro ambientale venisse messo in atto sono le due giunte Campedelli e le due giunte Bellelli, l’ultima delle quali sta per approvare la cementificazione nell’area ovest di altri 10 ettari, nel totale silenzio della stampa e dell’opinione pubblica. Oggi quasi il 20% del territorio carpigiano è stato consumato, ciò significa che è stato sottratto all’uso agricolo o alla sua condizione naturale per essere adibito alla costruzione di edifici di qualsivoglia funzione. Un quinto del territorio del comune è definitivamente urbanizzato, con pesanti conseguenze sul piano ambientale, climatico ed ecologico. La cementificazione limita notevolmente la capacità dell’ambiente di fungere da filtro delle sostanze tossiche, come ad esempio le polveri sottili; impedisce l’adeguata dispersione del calore, soprattutto in estate, quando l’asfalto e il cemento favoriscono il rafforzamento dell’isola di calore urbana; contribuisce all’aumento dell’effetto serra antropico, ovvero al riscaldamento globale e impoverisce la biodiversità. Osservando le carte Sos4Life, si nota come il rosso della cementificazione aumenti in tutte le epoche della storia del Comune di Carpi, ma anche che tale aumento assuma proporzioni mostruose nell’ultimo ventennio. In questo periodo, a fronte di un debole aumento dei residenti, se ne è registrato uno esponenziale del consumo di suolo, con un ritmo di crescita annuo passato dai 6 ettari del primo dopoguerra ai 41 del periodo del boom economico, per poi scendere di nuovo a 13 ettari negli ultimi decenni del secolo scorso e infine schizzare a circa 70 nei primi due del nuovo millennio. La velocità media annua per abitante del consumo di suolo è stata intorno a 5 ettari per molto tempo, arrivando a circa 6,5 nel periodo 1960-1978: tra il 2000 e il 2020 è schizzata a 10 ettari. Il nostro territorio è alla soglia di un punto di non ritorno. Questa è la vera emergenza carpigiana.
* Aldo Meschiari, docente al Liceo Muratori San Carlo di Modena e studioso di questioni ambientali e climatiche