Contagi in azienda: cosa rischiano i datori di lavoro?

Cautela e rispetto delle regole, sono questi gli imperativi che devono guidare le azioni dei datori di lavoro nell’era del Covid-19. In gioco infatti ci sono la salute e la sicurezza dei dipendenti di cui ogni imprenditore, artigiano o professionista è responsabile e, in caso di violazione delle norme o di mancata vigilanza lo scotto da pagare è assai salato.

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Cosimo Zaccaria

Cautela e rispetto delle regole, sono questi gli imperativi che devono guidare le azioni dei datori di lavoro nell’era del Covid-19. In gioco infatti ci sono la salute e la sicurezza dei dipendenti di cui ogni imprenditore, artigiano o professionista è responsabile e, in caso di violazione delle norme o di mancata vigilanza lo scotto da pagare è assai salato. A sancire tale obbligo giuridico, spiega l’avvocato penalista Cosimo Zaccaria, è innanzitutto il Codice Civile, “il quale stabilisce che ogni datore di lavoro sia obbligato non solo al rispetto delle misure imposte da leggi e regolamenti in materia di salute e sicurezza, ma anche all’adozione di tutte le misure necessarie a tutelare l’integrità fisica del lavoratore. Principio ripreso dal decreto legge 81 del 2008 il quale contiene nel dettaglio tutte le disposizioni che regolano i doveri di ciascun titolare in materia di prevenzione e sicurezza”.

Con l’insorgenza della pandemia da Covid-19, il Governo ha annoverato il coronavirus tra le malattie infettive in ambiente di lavoro, d’altronde, prosegue l’avvocato Zaccaria, “i lavoratori vivono l’uno accanto all’altro, condividono i medesimi ambienti, utilizzano gli stessi attrezzi e dunque il rischio di contagio è plausibile. Per tale motivo è stato sottoscritto un protocollo tra sindacati e parti sociali che disciplina ulteriormente l’attività lavorativa e obbliga l’imprenditore, l’artigiano o il professionista con dipendenti ad adottare ulteriori misure volte a tutelarli”.

Cosa rischia chi viola tali norme?

“Coloro che non rispettano queste disposizioni, dalla valutazione del rischio all’adozione delle misure anticontagio necessarie (gel disinfettante, mascherine e distanziamento) a prescindere dal verificarsi o meno di un caso di malattia riconducibile a coronavirus tra i propri dipendenti, incorrono in una sanzione di natura penale e, solo nel momento in cui la situazione venga sanata, può essere commutata in una multa di carattere amministrativo”.

E nel caso in cui un dipendente si ammalasse?

“Nel caso in cui oltre a non aver rispettato i protocolli previsti si registrasse un caso di covid, il datore di lavoro rischia la chiusura dell’azienda da parte dell’Ausl o dell’Ispettorato del lavoro e poi potrebbe partire un procedimento penale per lesioni colpose aggravate dalla violazione della normativa sugli infortuni sul lavoro o persino per omicidio colposo qualora il dipendente morisse. Certo dev’essere dimostrato il nesso causale, ovvero che la malattia sia stata contratta sull’ambiente di lavoro ma anche se tale correlazione non è facile da dimostrare, dal momento che ogni soggetto può avere numerose interazioni nel corso della giornata, occorre procedere con molta cautela. Se le autorità accertano che il titolare non ha adottato i protocolli necessari e non ha fatto una valutazione del rischio diventa probabile che abbia contributo all’evento e in quel caso, forse non risponderà dei reati può gravi, ma incorrerà comunque in pesanti contravvenzioni”.

Jessica Bianchi

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