Coronavirus, fisioterapisti al fronte

Si parla poco di loro ma a questa guerra contro la pandemia da Covid 19 non si sono mai sottratti. In trincea, giorno dopo giorno, i fisioterapisti si spendono per far sì che i malati possano recuperare quelle abilità e quelle autonomie che lunghi periodi di allettamento inevitabilmente compromettono.

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Si parla poco di loro ma a questa guerra contro la pandemia da Covid 19 non si sono mai sottratti. In trincea, giorno dopo giorno, i fisioterapisti si spendono per far sì che i malati possano recuperare quelle abilità e quelle autonomie che lunghi periodi di allettamento inevitabilmente compromettono.  Un lavoro, il loro, particolarmente prezioso, poiché accompagna i malati fino al ritorno a casa, tra le braccia dei propri cari. Figure professionali spesso dimenticate che, però, come spiega la dottoressa Manuela Marzi, fisioterapista dell’Ospedale Ramazzini di Carpi, “sono quotidianamente in prima linea per tentare di alleviare le sofferenze dei pazienti covid positivi. Il nostro lavoro richiede un contatto diretto e prolungato coi pazienti, trascorriamo infatti molto tempo chini su di loro, chiusi nelle stanze per ottenere un solo risultato: innalzare la loro qualità di vita, aiutandoli a recuperare, seppur lentamente, le proprie abilità motorie”. A piccoli passi, soprattutto nei quadri clinici più gravi e instabili: “laddove i pazienti sono intubati possiamo fare ben poco ma li mobilizziamo continuamente per prevenire complicanze. Nei giorni scorsi, ad esempio, dopo un lungo periodo di ventilazione meccanica un paziente è riuscito a mettersi seduto. Sembrano traguardi di poco conto ma in realtà sono successi straordinari di cui sono orgogliosa e grata”, sorride la dottoressa Marzi.

Un rapporto, quello coi pazienti, trasformato da questa emergenza, ma solo nella forma: “oggi sembriamo tutti degli astronauti privi di identità. Siamo talmente bardati per proteggerci dal contagio che l’unica cosa che mostriamo sono i nostri occhi: nonostante ciò i pazienti ci riconoscono, hanno voglia di vederci, di fare esercizi e di lavorare insieme a noi. Nella buonasorte, per così dire, i fisioterapisti si distinguono per la loro empatia, poiché stringono rapporti molto intimi coi loro pazienti. Li vivono. E l’essenza più autentica, basata sulla fiducia reciproca, di questa relazione, nemmeno il coronavirus può cancellarla. Le ore trascorse con loro, anche in questa situazione assurda dove l’impensabile è divenuto realtà, volano. Ciascuno di noi mette a loro disposizione ogni energia possibile affinché possano trarne beneficio”, prosegue Manuela Marzi.

E sono sempre i fisioterapisti a fungere da anello di congiunzione, da ponte, tra il ricovero ospedaliero e il ritorno a casa, alla vita, dal momento che solo dopo aver “garantito ai pazienti un recupero, anche parziale, delle proprie competenze funzionali, questi possono tornare a riabbracciare i propri cari”. All’Ospedale Ramazzini di Carpi, il gruppo della Medicina Riabilitativa conta una ventina di professionisti e se i pazienti si rimettono in piedi e ricominciano a guardare al futuro con rinnovata speranza è anche merito del loro determinante contributo. E per questo non possiamo fare altro che ringraziarli.

Jessica Bianchi

 

L’Unità di Medicina riabilitativa di Carpi in pillole

L’Unità di Medicina riabilitativa di Carpi, diretta dal dottor Luciano Mazzoleni (direttore Medicina Riabilitativa di Area Nord Carpi- Mirandola), si compone di 16 fisioterapisti, 1 logopedista, 3 medici fisiatri e una coordinatrice, la dottoressa Veronica Zanni. “La nostra unità – spiega la dottoressa Zanni – si fa carico degli aspetti di carattere riabilitativo dei pazienti ricoverati presso tutti i reparti dell’Ospedale di Carpi laddove sia necessario. Accanto alle consulenze e al lavoro in corsia, prestiamo poi la nostra opera presso i poliambulatori del Ramazzini dove i pazienti, previa impegnativa del medico curante o dello specialista, possono recarsi per seguire percorsi di carattere riabilitativo. Gli ambulatori dedicati sono numerosi e adibiti al trattamento di varie patologie: da quelle di carattere neurologico a quelle ortopediche, passando per la riabilitazione del pavimento pelvico al trattamento dell’osteoporosi e del paziente oncologico, anche col percorso Brest Unit”. In piena emergenza coronavirus, l’unità non “ha mai mollato” prosegue Zanni. “Siamo sempre stati presenti in veste di consulenti nei reparti covid positivi e non, senza trascurare i pazienti di cui ci prendevamo cura in ambulatorio e in questo la tecnologia è corsa in nostro aiuto. Supportati da parenti e caregiver, nel caso dei malati più anziani o meno avvezzi alla tecnologia, grazie a videochiamate e scambio di mail abbiamo mantenuto un filo diretto, un legame, per capire l’evoluzione al domicilio delle loro patologie ed essere pronti a intervenire in caso di necessità, così come abbiamo fornito schede personalizzate di esercizi da compiere tra le mura domestiche”.

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