“Tutto è iniziato da una febbre molto leggera. Ho insistito nel voler fare il tampone perché sentivo che qualcosa non andava anche se inizialmente non avevo sintomi di difficoltà respiratorie. L’esito del tampone ha certificato il mio avvenuto contagio. Da quel momento la febbre è salita e si è rivelato necessario il ricovero ospedaliero”. A parlare è il carpigiano Stefano Bonacini, uno dei due titolari di Gaudì, nonché patron del Carpi calcio, anche lui tra i pazienti guariti dal Covid 19.
“Posso garantire che l’impatto con il Reparto di malattie infettive del Policlinico è stato molto duro, difficile da gestire per persone facilmente impressionabili. Accudito da un personale che, fuori da ogni retorica del momento, meriterebbe di essere premiato anche economicamente per la professionalità e per le premure con cui mettono in pratica la loro professione, sono stato ospitato in una stanza con poca luca, illuminata con il classico colore viola delle sale operatorie e finestre chiuse con tapparelle abbassate. Un ambiente difficile che non si frequenta con spensieratezza”, prosegue Stefano Bonacini.
Ha tenuto segreto il suo calvario fino a quando è stato riconosciuto in fila al drive through allestito nei pressi del Palapanini per il secondo tampone. E da quel momento la notizia si è diffusa.
“Ho scelto il silenzio iniziale e lo stretto riserbo sulla mia situazione, per una forma di rispetto nei confronti dei miei cari. Se non fossi stato avvistato al Pala Sport, per fare il secondo tampone che ha poi certificato il mio superamento della malattia, non penso ne avrei nemmeno fatto parola. Avevo dato il compito, anche ai miei amici più stretti, di non parlarne, soprattutto per evitare di preoccupare ulteriormente i miei genitori, già provati da una situazione sanitaria precaria”.
Enrico Bonzanini
Bonacini tra i pazienti guariti dal Covid 19: i sanitari meriterebbero di essere premiati
Il carpigiano Stefano Bonacini, uno dei due titolari di Gaudì, nonché patron del Carpi calcio, è tra i pazienti guariti dal Covid 19. "Se non fossi stato avvistato al Pala Sport, per fare il secondo tampone che ha poi certificato il mio superamento della malattia, non penso ne avrei nemmeno fatto parola. Avevo dato il compito, anche ai miei amici più stretti, di non parlarne, soprattutto per evitare di preoccupare ulteriormente i miei genitori, già provati da una situazione sanitaria precaria”.