Limitare l’uso delle risorse naturali, soprattutto di quelle non rigenerabili rappresenta una sfida non più rimandabile e l’edilizia, una delle industrie maggiormente energivore e responsabile per un terzo dell’anidride carbonica prodotta nel nostro Paese, pecca un ritardo gravissimo. Le emissioni in campo edile sono silenziose, non si accompagnano al fastidioso rumore dei motori a scoppio o al nauseante puzzo dei gas di scarico ma sono impressionanti e, pertanto, occorre radicalità, un cambio di passo deciso e non procrastinabile. “Abbiamo un patrimonio immenso che va rimesso in sesto – non solo dal punto di vista sismico o della sicurezza, ma anche dal punto di vista energetico” spiega il professor Norbert Lantschner, esperto in climatologia e in energie rinnovabili, nonché presidente della Fondazione ClimAbita.
Ma cosa significa edilizia sostenibile?
“Al termine sostenibilità preferisco responsabilità: occorre diventare più intelligenti nell’uso delle risorse per tentare così di rispondere alla crisi climatica in atto. Un’edilizia responsabile è quindi quella che non ruba il futuro alle prossime generazioni. E’ necessario ricollegare l’uomo alla natura, uno dei principi cardine di questo nuovo modo di intendere l’edilizia”.
Il settore rappresenta una potenziale frontiera del cambiamento: “l’Europa sta marciando bene, – prosegue il professor Lantschner – si moltiplicano le case a consumo quasi zero. Anche in Emilia-Romagna l’obbligo dello standard NZEB – Nearly Zero Energy Building- Edifici a Energia Quasi Zero è in vigore dal 1° gennaio 2019. Un impegno positivo che nasce dieci anni fa e che costringe gli stati dell’Unione Europea a compiere un salto di qualità. Il problema però, soprattutto in Italia, non riguarda il nuovo bensì il patrimonio edile risalente al Dopoguerra, costruzioni che sono un vero e proprio colabrodo. Entro il 2030 il nostro Paese dovrà ridurre del 40% le proprie emissioni di anidride carbonica, un risultato che potrà essere centrato solo passando per la riqualificazione di tutti i vecchi ed energivori edifici. L’Italia non sta facendo i compiti. Da quasi 5 anni la produzione di energia da fonti rinnovabili non cresce e non segue la rotta europea: è fondamentale aumentare il ritmo sul fronte dell’efficientamento energetico e dell’abbandono delle fonti fossili. Un cambio di passo che rappresenta la classica situazione win-win: le famiglie che abitano in case di nuova generazione risparmiano sui costi e hanno più denaro in tasca, la qualità dell’aria delle città migliora, si contribuisce alla protezione del clima e, al contempo, l’economia italiana può trovare nuovi input e rifiorire. Vinciamo tutti! Non dimentichiamo che l’Italia sarà particolarmente toccata dai cambiamenti climatici e questo inciderà sempre più prepotentemente sulle nostre vite e sui costi. Per tale motivo occorre compiere al più presto delle scelte costruttive e abitative innovative e all’insegna della minimizzazione dei consumi”.
La casa del futuro, spiega il professor Lantschner, “deve avere un’impronta energetica e ambientale ridotta per coprire il fabbisogno legato a riscaldamento e raffreddamento, illuminazione e elettrodomestici da un lato quindi c’è il tema dell’abbassamento dei consumi e dall’altro l’impiego di energie rinnovabili”. Un altro tema fondamentale è legato alla scelta dei materiali: “L’edilizia deve misurarsi sempre più con i principi dell’economia circolare. Ogni materiale utilizzato ha una storia che inizia con il prelievo della materia prima: acciaio, vetro, mattone sono energivori poiché per produrli occorre molta energia, perlopiù di origine fossile. Dobbiamo puntare su materiali rinnovabili come per esempio il legno, l’argilla o la canapa… materiali che la natura mette a disposizione e che a fine ciclo possono essere ridati alla natura stessa, qualora non possano essere riciclati. Eccola l’economia circolare”. Inoltre la casa del futuro è quella dotata di “un’impiantistica intelligente. E’ un’abitazione che non solo consuma poco ma che, al contrario, produce energia”.
La sostenibilità però non finisce soltanto con la compattezza di un involucro energeticamente pregiato (pareti, tetto, serramenti) onde evitare sprechi e dispersioni termiche ma sceglie anche una disposizione intelligente interna delle stanze, deve dialogare in modo integrato e sinergico con la realtà circostante e far sì che “risorse preziose, come l’acqua piovana, ad esempio, possa essere raccolta per venire impiegata”, aggiunge Norbert Lantschner. Anche alla progettazione del verde e del sistema irriguo dev’essere prestata la massima attenzione affinché ogni albero o cespuglio piantato possa contribuire all’arricchimento della biodiversità e favorire la nascita di preziosi corridoi ecologici. “In molte città stanno nascendo anche numerose esperienze condivise di orti urbani: cibo sotto casa autoprodotto, davvero un bell’esempio di sostenibilità”.
Un altro grande capitolo su cui occorre giocare una partita importante è quello della mobilità: è fondamentale privilegiare scelte non inquinanti che consentano di limitare al massimo l’impiego della propria auto. Dal potenziamento del trasporto pubblico a quello del car sharing. “In alcune capitali europee – sottolinea il professor Lantschner – stanno sorgendo interi quartieri auto free nei quali le famiglie rinunciano all’automobile perché possono contare su di un efficace servizio pubblico e su un sicuro e capillare sistema di ciclabili”.
La società Il Colibrì a Carpi si appresta a costruire un complesso residenziale ecosostenibile che punta alla certificazione ClimAbita. In che cosa consiste?
“E una certificazione indipendente, da parte di un ente terzo non coinvolto nell’operazione, che parte dall’analisi del progetto, prosegue con successive e costanti verifiche in cantiere e termina con numerosi test a intervento finito. Nulla a che vedere con le autocertificazioni che tanto vanno di moda in Italia”.
Jessica Bianchi