La soluzione è il problema

Mentre fisici e matematici sono al lavoro per definire un algoritmo perché ancora non si è risaliti al paziente zero (non tutti i casi registrati sembrano avere una chiara storia epidemiologica), il focolaio di coronavirus del lodigiano colloca l’Italia al terzo posto nel mondo per contagi dopo Cina e Corea.

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Mentre fisici e matematici sono al lavoro per definire un algoritmo perché ancora non si è risaliti al paziente zero (non tutti i casi registrati sembrano avere una chiara storia epidemiologica), il focolaio di coronavirus del lodigiano colloca l’Italia al terzo posto nel mondo per contagi dopo Cina e Corea. Forse se avessimo fatto come altri che non hanno bloccato i voli diretti e hanno messo in quarantena tutti i soggetti a rischio (in Italia obbligatoria solo per gli italiani di ritorno da Wuhan) sarebbe andata meglio. Forse. L’isolamento forzato a cui siamo oggi costretti riporta indietro nella storia alle grandi epidemie dei secoli bui e alla peste di manzoniana memoria. Se è vero che i virus non rispettano le frontiere, è altrettanto probabile che nel sistema attivato per la prevenzione del coronavirus qualcosa non abbia funzionato. Siamo all’altezza della battaglia? Non siamo stati pronti a intervenire prima che il problema esplodesse con la sua virulenza, ma soltanto quando era già emergenza.
Infatti si è scatenato il panico alimentato dai numeri dei contagi inevitabilmente in aumento fino a quando non toccheremo il picco, ci siamo messi in coda col carrello per fare scorta di cibo per mesi, abbiamo acquistato mascherine fino a esaurirle nonostante sappiamo che non servano a un granché.
La paura serpeggia tra medici e infermieri non perché siano consapevoli di essere in prima linea in questa battaglia ma perché il personale sanitario fa turni insostenibili in condizioni di gravissimo stress fisico e psicologico con la responsabilità di gestire l’ansia dei pazienti e lo spettro di doversi sottoporre ai test e di finire in isolamento.
Ora chiudiamo le scuole e vietiamo lo sport, ci fermiamo con ricadute inevitabili sul sistema economico del nostro Paese che ragiona sulla contingenza e in cui è sempre più difficile mantenere i nervi saldi.
Lo ha fatto l’azienda carpigiana Garc, con una scelta di massima trasparenza. “Ritengo doveroso informarvi – scrive Claudio Saraceni – che il carpigiano risultato positivo al test del coronavirus è uno dei membri della compagine societaria della Garc e si trova attualmente ricoverato presso il Policlinico di Modena in osservazione. Le sue condizioni non destano particolare preoccupazione e sono costantemente monitorate dalle autorità sanitarie. Ha avuto un innalzamento della febbre nella giornata di domenica e in serata, dopo aver contattato i numeri di emergenza, è stato ricoverato per prudenza. Solo stamattina (24 febbraio) la conferma della positività. L’apprensione è ovviamente elevata per il grado di amicizia che ci lega, ma i medici non hanno espresso preoccupazioni per la sua incolumità e la situazione sembra essere sotto controllo.
Ovviamente non conosciamo le fonti di contagio che saranno oggetto di verifica da parte dei sanitari. La nostra azienda ha immediatamente adottato tutte le iniziative volte a tutelare, per quanto possibile, la salute di tutti i collaboratori e dei soci della Garc facendo ricorso ai presidi di protezione di cui dispone e ha sospeso le attività nelle zone del nord Italia risultate essere focolai del virus. Tutti noi teniamo alta l’attenzione per eliminare ogni rischio di contagio che, al momento, non ci risulta si stia verificando”.
Direi che bisogna togliersi il cappello! è stato il commento di Matteo e Sono fiera di questa città! Grazie della correttezza e della onestà! ha scritto Alessandra. Correttezza, senso civico, serietà e responsabilità, buon senso: è il riconoscimento corale perché… solo con le verità si potrà arrivare a fondo di questa emergenza scrive Jutta. Appunto.
Sara Gelli

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