Twin Set, è l’anno della vendita

L’operazione era stata lanciata alla fine del 2018 e si sarebbe dovuta concretizzare nel primo semestre del 2019 ma pare che sarà il 2020 l’anno del passaggio di proprietà.

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L’operazione era stata lanciata alla fine del 2018 e si sarebbe dovuta concretizzare nel primo semestre del 2019 ma pare che sarà il 2020 l’anno del passaggio di proprietà. Il fondo americano Carlyle, che aveva acquisito la maggioranza di Twin Set nel 2012 ed era salito al 100% del capitale nel 2017, è ancora in cerca di un acquirente e, tra coloro che potrebbero farsi avanti, circola nuovamente il nome del gruppo cinese Fosun, che annovera tra le sue griffes Caruso, Wolford, John Knits e Lanvin e che guarderebbe a Twin Set, guidata dall’ad Alessandro Varisco, per aggiungere un prestigioso nome a quelli collezionati.

“Il marchio è stato messo in vendita e l’affare si concluderà entro quest’anno” è la conferma ricevuta dai sindacati durante un incontro con la dirigenza alcuni giorni fa. “Abbiamo chiesto garanzie che tale operazione non si ripercuoterà negativamente sui dipendenti. Garanzia che ci è stata confermata” commenta Sergio Greco di Cgil-Filctem.

Che cosa vi è stato riferito?

In realtà la direzione aziendale con la quale abbiamo fatto un incontro in presenza delle altre sigle sindacali per saperne qualcosa in più ci ha ribadito che c’è l’interesse a vendere”.

C’è qualche elemento in più rispetto al passato?

“L’unico elemento in più è la conferma delle voci che già circolavano ma perché la trattativa si concretizzi passerà anche più di un anno. Quando cambia l’assetto di una struttura societaria c’è sempre il rischio che i nuovi proprietari abbiano idee diverse dai precedenti: in quel caso il nostro timore è che arrivi qualcuno con idee diverse su come organizzare l’azienda. La nostra preoccupazione è quella: non siamo affezionati a un fondo più che a un altro. Vogliamo semplicemente avere delle garanzie che i lavoratori possano lavorare in un’azienda solida, in condizioni che siano le migliori possibili. Dal punto di vista commerciale anche noi siamo degli spettatori”.

C’è qualcuno che potrebbe essere interessato più di altri?

“Questo non ci è stato riferito e anche l’indiscrezione relativa al gruppo cinese è fuori dalla nostra portata come informazione: sono voci che girano in città da qualche tempo ma per ora senza consistenza. Ne sapremo di più nel corso del 2020 e abbiamo chiesto all’azienda l’impegno a essere più loquace con le rappresentanze sindacali qualora ci fossero delle novità”.

Che strumenti ha il sindacato per tutelare i lavoratori anche rispetto a una nuova proprietà che ancora non si è materializzata?

“Le garanzie dipendono dal tipo di operazione che verrà fatta nel senso che ci può essere semplicemente un cambio dentro la stanza dei bottoni lasciando intatta la struttura della società senza cambiare nulla. L’unico rischio si profilerebbe nel caso in cui dovesse arrivare qualcuno che ha già una struttura societaria nel nostro Paese o addirittura nella nostra zona: potrebbe già disporre di personale nei settori commerciale e amministrativo e valutare non più indispensabile tenersi quelli che ci sono oggi. Questo è il rischio più grande che possiamo correre. Gli strumenti a disposizione restano quelli dettati dalla legge 300 e dal Codice Civile. Anche nel passaggio precedente, da un’impresa a un fondo, in realtà sono state fatte nomine ma non manovre per cui i lavoratori si siano trovati in difficoltà. Quindi auspichiamo che per un’azienda di questo livello venga fatta un’operazione del genere. Certamente se qualcuno viene qui pensando di spazzare via quel che c’è per fare tutto nuovo ne parleremo ma credo che siamo lontani da ogni ipotesi del genere; personalmente sono cautamente ottimista”.

Sara Gelli

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