Sugli scaffali dei supermercati spuntano sempre più spesso imballaggi definiti biodegradabili e altri compostabili. Ma qual è la differenza? Sono sinonimi? E, soprattutto, queste tipologie di materiali “meno impattanti” per l’ambiente possono essere conferiti all’interno della frazione umida o, al contrario, vanno gettati nel bidone della plastica?
“Un materiale biodegradabile – chiarisce il direttore di Aimag, Davide de Battisti – ha la capacità di degradarsi naturalmente in un periodo che va da pochi mesi ad alcuni anni; quello compostabile, al contrario, ha tempi di decomposizione molto corti, ovvero alcune settimane, compatibili con i processi di produzione del compost, i quali solitamente durano dai 20 ai 40 giorni. E’ facile fare confusione e confondere i due termini ma la differenza è fondamentale anche ai fini dello smaltimento”.
I prodotti definiti biodegradabili, quelli maggiormente presenti sul mercato, devono essere conferiti “presso i nostri centri di raccolta. Qui, infatti, sono stati collocati dei contenitori ad hoc dove riporre, ad esempio, bottiglie o capsule realizzate con bioplastiche, affinchè possano poi essere avviate ai giusti siti di smaltimento. I materiali compostabili invece possono essere buttati nel contenitore dell’umido di cui tutte le famiglie sono dotate”. L’invito, dunque, conclude il direttore De Battisti, è quello di “prestare grande attenzione e controllare attentamente le diciture riportate sui prodotti che ogni giorno mettiamo nel carrello della spesa”.
Certo le plastiche biodegradabili e compostabili sono false soluzioni alla crisi dell’inquinamento da plastica, ben più sostenibile sarebbe ridurre il packaging usa e getta, investendo in sistemi di consegna alternativi basati su sfuso e ricarica. Da qualcosa però bisogna pur partire…
Jessica Bianchi