La scrittura ha fatto irruzione nella mia vita e non l’ha più lasciata

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“La scrittura è arrivata improvvisamente. Dopo averla abbandonata sui banchi di scuola, ha fatto irruzione nella mia vita negli Anni Novanta. E’ una passione nuova con la quale mi sono messa alla prova con lentezza”, racconta l’imprenditrice carpigiana Franca Gualtieri, autrice del romanzo L’anima dello Stivale. “Mi capitava spesso, dopo aver annusato un profumo o essere stata testimone di qualcosa, di sentire l’esigenza di mettere su carta quelle sensazioni. Nel corso del tempo sono nate numerose poesie ma il mio mestiere è un altro e per anni sono rimaste confinate in un cassetto”. 

Poi, però, una storia ha iniziato ad affiorare con sempre maggiore insistenza e darle voce è diventata un’esigenza per Franca: “volevo raccontare la mia vita ma non ero ancora pronta e così, quella storia l’ho affidata a un’altra scrittrice. 

Una poesia è un po’ come la punzecchiatura di una zanzara, – sorride Franca Gualtieri – nasce in un attimo, fugacemente, un romanzo, al contrario, è un’impresa ben più ardua. E così ho deciso di iniziare a frequentare corsi e laboratori di scrittura fino a quando un’altra storia ha pian piano fatto capolino nella mia mente e ho deciso di mettermi in gioco, lanciandomi in quella straordinaria e avvincente avventura che è la stesura di un romanzo”. L’anima dello Stivale non è un racconto autobiografico, specifica l’autrice, ma contiene “ricordi e attimi che hanno segnato la mia vita”. E sono le donne, le grandi protagoniste di queste pagine. Figure all’apparenza fragili ma piene di coraggio. “La mia preferita è senza dubbio Aspasia, una piccola e incrollabile donna”. La conosciamo quando, ancora fanciulla, negli Anni ’30, ebbe il coraggio di accorciare le distanze, dando un calcio al suo futuro e timido marito. E la ritroviamo, anni dopo, durante la guerra, impegnata a farsi largo in un mondo di uomini, seppur spezzata dal dolore e dalla solitudine. 

“Sono cresciuta a Cortile – ricorda Franca – e quando ero piccola, mio nonno, malgrado fosse poverissimo, possedeva un cavallo. Di fronte a noi, invece, la famiglia più ricca del paese non aveva che il calesse e così mio nonno ogni domenica pomeriggio portava la signorina Aspasia, a Modena dove insegnava, per poi tornarla a prendere il venerdì sera successivo. Un gesto di cui lei fu sempre grata e in segno di riconoscenza regalò a mia madre un bellissimo crocifisso che ora è mio. Dare il suo nome a una delle mie protagoniste è stato spontaneo. Un modo per omaggiare anche il passato della mia famiglia. Le mie radici”. Anche ad Alberta, l’ultima delle tre generazioni di donne tratteggiate dalla penna di Franca Gualtieri, l’autrice ha fatto dono di un proprio ricordo: “lei, come la mia sorella di latte è malata” ma, nonostante un’infanzia e un’adolescenza segnate dalla malattia, Alberta diventerà l’essenza stessa del suo calzaturificio. Creativa e innovativa saprà farsi amare e sarà proprio il silente patto di alleanza stretto coi suoi collaboratori più vicini a ridarle ciò che credeva perduto per sempre.

“Donne intraprendenti, capaci di andare oltre il dolore, di rimboccarsi le maniche e dar così vita a una grande storia imprenditoriale. Dalla bottega ritagliata in un angolo della propria casa a uno dei più stimati calzaturifici di Vigevano. Una città che ho scelto perché è proprio lì che per anni mi sono fatta confezionare su misura i miei stivali da cavallerizza”. 

Una vita lavorativa, quella di Franca, spesa nel mondo della moda, del design e dei componenti d’arredo per il tessile casa: “sono cresciuta tra tessuti e capi d’abbigliamento. Nella stesura del libro ho cercato di raccontare le sfide e le complessità intrinseche al mondo manifatturiero italiano, al nostro saper fare artigiano. Tra scarpe e vestiti, in fondo, il passo è breve”. E sullo sfondo di una Vigevano scampata alla povertà e alle brutture della guerra, che cresce e rinasce, si dipanano le vite di numerosi personaggi. Ritratti che si rincorrono, le cui storie sono irrimediabilmente intrecciate. Con grazia e leggerezza, Franca scrive una storia di riscatto, rivendicando la supremazia della giustizia. E dell’amicizia. “Nel lavoro non c’è spazio per la parola Io. E’ il Noi a fare la differenza. Solo una squadra unita e affiatata in cui ciascuno riveste un ruolo essenziale e complementare può resistere in questi tempi difficili. Il nostro è un mestiere da duri e lanciare anche attraverso le pagine di questo libro un messaggio di speranza mi pareva doveroso”.

Jessica Bianchi

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