Dopo tanti viaggi in giro per il mondo, ho sentito nascere in me il desiderio di scoprire l’Italia. La sua anima più vera. Quella più autentica. Volevo conoscere il cuore più remoto di questo nostro Paese e per farlo ho deciso di mollare tutto e mettermi in cammino”. A parlare è il 38enne correggese Renato Frignani: dopo essersi licenziato, il 30 marzo scorso ha intrapreso un’avventura davvero straordinaria da assaporare con lentezza. Passo dopo passo.
“Ricordo di essermi seduto davanti a una cartina – racconta Renato – e di aver pensato quanto sarebbe stato bello poter seguire un sentiero attraverso le catene montuose che svettano e percorrono l’Italia da nord a sud senza interruzioni. Poi un amico mi disse che quel percorso, seppur poco conosciuto, era già stato tracciato dal Cai una trentina di anni prima e recentemente ripristinato in alcuni tratti. Dalla Sardegna al Friuli Venezia Giulia, Sentiero Italia, coi suoi quasi 7mila chilometri, è fra i trekking più lunghi del mondo e mi ha catturato sin dal primo istante”.
Zaino in spalla, Renato ha già attraversato Sicilia, Calabria e Basilicata: “con i miei 17 chili di zavorra, pronto ad affrontare ogni emergenza, mi sono messo in marcia con l’intenzione di scoprire l’Italia, palmo dopo palmo. Nonostante io sia appena all’inizio di questo viaggio mi pare di aver già fatto il giro del mondo: questo paese è variegato e bellissimo”. Un’impresa che ha già messo a dura prova il viandante correggese: “il sentiero è molto impegnativo, non sempre è segnato e spesso non offre punti di appoggio. In Sardegna, poi, ad aprile, è stata davvero dura: temporali, grandine e problemi logistici mi hanno colto di sorpresa ma ce l’ho fatta. Ho avuto la fortuna di incontrare persone straordinarie, pastori che mi hanno aperto le loro case facendomi assaporare le vere tradizioni dell’isola, dalla cucina alla musica popolare. Un altro signore mi ha persino lasciato le chiavi di casa prima di andarsene in vacanza. Davvero un privilegio”.
Moderno viandante, Renato desta stupore e curiosità: “le persone che incontro sul mio cammino mi si avvicinano con grande naturalezza. Mi fanno domande, sorprese dalla mia insolita scelta. Loro rappresentano di certo il dono più prezioso di questa esperienza che altro non è che una meravigliosa lezione di vita”.
Ma l’incontro più inatteso è stato quello con Pulce, un tenero cucciolo di pastore maremmano: “ero al Passo Crocetta, sulla Catena Costiera in provincia di Cosenza, in Calabria. Mi ero da poco fermato all’ombra per fare una pausa, quando l’occhio mi è caduto su un mucchio di spazzatura poco lontano. Lì, tra le sportine, ho notato un ammasso di pelo, era Pulce. “Era in fin di vita e non ho potuto far altro che prenderlo con me, ma aveva bisogno di cure e non sapevo che fare. Grazie all’aiuto del Cai, sono riuscito a mettermi in contatto con un veterinario. Per dargli il tempo di riprendersi mi sono fermato a Cosenza qualche giorno dove ho conosciuto delle persone splendide, animate da una grande umanità. L’idea di abbandonarlo una seconda volta non mi ha mai sfiorato la mente, come avrei potuto, dopo tutto le sofferenze che aveva già vissuto? Ora io Pulce siamo una cosa sola. Io sono la sua mamma, il suo salvatore, e lui il mio inatteso e straordinario compagno di viaggio. Ha un bel caratterino ma non potrei più fare a meno di lui. Questa palla di pelo bianca è riuscita a far breccia dentro di me, a levigare la mia ruvidità di uomo solo a spasso tra le montagne”. La Calabria, terra aspra e difficile, si è rivelata una sorpresa: “ho camminato nei luoghi tristemente famosi per i sequestri ma l’Aspromonte, così impervio e sconosciuto, offre angoli di inusitata bellezza. Una volta giunto a Polsi e a San Luca, la gente mi guardava con sospetto. Rompere quella diffidenza non è stato facile ma una volta spiegato chi ero e cosa stessi facendo non ho avuto alcun problema. Ed è proprio in Calabria che ho conosciuto alcuni ragazzi che hanno mollato tutto per reinventarsi una nuova vita: hanno sistemato e convertito una ex caserma a rifugio dove mi hanno ospitato gratuitamente, organizzandomi persino una festa nel bosco con tanto di accompagnamento musicale, a base di organetto e zampogna ovviamente! Un momento di condivisione che non dimenticherò facilmente”.
Facce e storie che in cammino si incontrano, con semplicità. Per caso. “All’inizio – prosegue Renato – ero un po’ spaventato. Tutto era nuovo. Ero solo. Lo zaino era pesantissimo… Poi, passo dopo passo, ho imparato a non avere paura ma ad affrontare ogni sfida e ogni imprevisto con uno spirito nuovo. Positivo. Con un animo bendisposto ho sperimentato sulla mia pelle come qualcosa di buono arrivi sempre. Oggi non ho più paura, conosco i miei limiti e le mie potenzialità. E poi c’è Pulce con me”. Lo sento sorridere al telefono mentre si è concesso una pausa sul confine tra la Basilicata e la Campania per raccontarmi questa sua straordinaria impresa.
“Confrontarsi con la solitudine in cammino è un’esperienza importante. Un’opportunità per imparare molto di sé”.
Renato, che dovrebbe terminare il Sentiero Italia a dicembre, pronto per festeggiare il Natale nella sua Correggio, è entusiasta: “sono felice di aver intrapreso questo viaggio a dimostrazione di come ci si possa mettere in gioco, ripensando la propria vita. La propria storia. Per questo motivo sto documentando il mio cammino, per metterlo a disposizione di tutti. Per lasciare una traccia. L’Italia è una scoperta quotidiana e io oggi so con assoluta certezza che non si deve aver paura di cambiare. Paure, certezze… sono zavorre di cui liberarsi per lasciarsi andare al nuovo, al cambiamento. Con un approccio positivo e aperto la vita riserva sorprese inimmaginabili. Come il mio Pulce: e chi l’avrebbe mai detto che uno come me, sempre in viaggio e in movimento, avrebbe avuto un cane di cui prendersi cura? La vita è davvero straordinaria: disfa e rifà progetti continuamente”.
Jessica Bianchi