La chiamano l’eroina dei poveri ed è arrivata anche a Carpi. Uno degli autori del brutale pestaggio della coppia di fidanzati in via Bellentanina ha infatti ammesso con le Forze dell’Ordine di assumere abitualmente, insieme agli amici, il Rivotril, la nuova frontiera delle droghe di strada. Il Rivotril è uno psicofarmaco. Una comune benzodiazepina (il clonazepam, suo principio attivo, altro non è che un ansiolitico e antiepilettico) che non costa nulla, si reperisce facilmente, spesso in modo fraudolento con la falsificazione di ricette e, associata all’alcol, produce effetti molto simili a quelli dell’eroina. Un farmaco capace quindi di garantire uno sballo low cost e che provoca stordimento, sedazione e obnubilamento della coscienza. “Il problema dell’assunzione impropria di benzodiazipine, combinata all’alcol, non è certo una novità. Da sempre sono state consumate per lo sballo. La prima in ordine di tempo – spiega lo psicologo carpigiano Enrico Piccinini, che da vent’anni lavora coi tossicodipendenti – negli Anni Settanta, è stata il Roipnol, poi il Tavor, quindi il Minias”. Uno stordimento, prosegue Piccinini, “completamente fine a se stesso. L’unica cosa che conta per questi ragazzi è essere fuori dalla realtà. Totalmente estraniati. L’obiettivo è quello di non essere. Non sentire. Non farsi carico delle responsabilità quotidiane”. In comunità, lo psicologo si è imbattuto in pazienti che, “sotto l’effetto di sonniferi, in stato di totale incoscienza, avrebbero compiuto gesti violenti, salvo poi ritrovarsi in carcere il giorno dopo senza sapere perché. Avulsi dalla realtà, vivono come se stessero sognando, incapaci di discernere la realtà e le conseguenze delle loro azioni”. L’abuso di sostanze però, chiarisce Piccinini, “non deve mai essere considerata una giustificazione, bensì un aggravante”. La violenta aggressione di via Bellentanina, per la quale sono stati arrestati quattro giovani magrebini, ora in carcere, conclude lo psicologo, “deve farci riflettere su quanto sia complessa la gestione del disagio che vivono i ragazzi. Giovani che, spesso, non fanno nulla. Sponsorizzati dalle famiglie, non studiano, non lavorano… completamente disinteressati a tutto, cercano una fuga dalla realtà e le conseguenze sono solo gli occhi di tutti”.
Jessica Bianchi