L’Europa dov’era durante quei massacri?

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Un’esperienza toccante. Fortissima, che li ha segnati – e sdegnati – nel profondo. Dal 5 al 10 aprile, la classe 5 BM dell’Itis Leonardo Vinci ha partecipato al progetto Viaggio studio in Bosnia Erzegovina. Alle radici delle memorie d’Europa organizzato dall’Istituto Storico e della Resistenza di Modena e patrocinato dall’Assemblea legislativa dell’Emilia Romagna, unitamente a 50 studenti provenienti da altre scuole della provincia.

I giovani, accompagnati dalla docente Laura Benzoni, dallo storico Eric Gobetti e da Silvia Mantovani dell’Istituto storico modenese, hanno visitato le città di Mostar, Sarajevo e Srebrenica, hanno incontrato testimoni e protagonisti della guerra, hanno studiato, discusso e sono ora impegnati in un progetto di restituzione con la giornalista e scrittrice Annalisa Vandelli. “Il viaggio in Bosnia Erzegovina – racconta lo studente Samuele Barbieri – ci ha mostrato un Paese che ha subito le atrocità della guerra e la cosa che più mi ha colpito è stato l’assordante silenzio in cui si sono trincerati i civilizzati paesi d’Europa vicini, davanti ai massacri e alle violenze che si stavano compiendo fuori dalla loro porta. Vedere i fori dei proiettili sulle pareti delle case, sentire le testimonianze delle persone che hanno vissuto situazioni terribili, ci ha fatto comprendere, seppure in parte, come può essere assurdo veder morire amici e familiari senza nemmeno sapere il perché”. “Questa esperienza – aggiunge Saverio Pivetti – mi ha lasciato una cicatrice importante perché ho potuto vedere con i miei occhi le conseguenze di una guerra di cui si parla troppo poco nonostante sia durata diversi anni. A segnarmi è stata soprattutto la giornata trascorsa a Srebrenica, lì abbiamo incontrato un sopravvissuto e ciò che mi ha toccato di più, oltre al Memoriale, sono stati la forza e il coraggio dei sopravvissuti impegnati ogni giorno nel tentativo di ricostruire, pezzo dopo pezzo, una città morta”.

“Descrivere ciò che abbiamo visto e provato – gli fa eco Matteo Gualtieri – è complicato.  A Srebrenica, ascoltando le testimonianze, mi sono reso conto di come ognuno di noi sia in piccola parte colpevole delle atrocità compiute durante gli Anni Novanta. A ventiquattro anni di distanza dal massacro, si lavora ancora per riconoscere e seppellire le vittime ritrovate nelle fosse comuni. Tutto è avvenuto a due passi dal nostro Paese, dove la vita andava avanti come se nulla stesse accadendo: ognuno dovrebbe farsi un esame di coscienza e domandarsi se quella tragedia poteva essere evitata”. “Si sente sempre parlare di Prima e Seconda Guerra Mondiale, dello sterminio degli Ebrei, ma della strage che ha colpito questi paesi mai, come se non fossero morte abbastanza persone per essere presa in considerazione. Questa guerra – racconta Denis Dall’Aglio – merita di essere conosciuta da chiunque per capire fino a dove la crudeltà dell’uomo si può spingere. Grazie alle testimonianze di Jovan Divjak, direttore dell’Associazione di Sarajevo Udruzenje Obrazovanje gradi BiH – L’Educazione costruisce la BiH che si occupa di orfani di guerra e di favorire l’aumento dell’istruzione in Bosnia ed Erzegovina, e di Irvin Mujčić, presidente dell’Associazione Srebrenica City of Hope, abbiamo compreso la pazzia del conflitto e le conseguenze che stanno ancora accompagnando le vite dei sopravvissuti”.

“I libri di storia – aggiunge Giacomo Casarini – ne parlano poco e sommariamente, in generale c’è molta disinformazione sull’accaduto, cosa che mi ha lasciato alquanto perplesso, sono passati vent’anni dalla fine dei conflitti e in pochi sono consapevoli della catastrofe umanitaria e sociale avvenuta così vicino a noi, in Europa”. “Credo che la gente debba sapere ciò che è accaduto per evitare gli errori del passato e costruire un futuro migliore”, conclude Cristian Saetti.

Jessica Bianchi