No al ddl Pillon

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Amnesty, Anpi, Arci, Cgil, Cif, Cisl, Udi, Vivere donna hanno organizzato una manifestazione di protesta che si svolgerà in Piazza Garibaldi sabato 13 aprile 2019 dalle 16,30 alle 18,30.

Il ddl Pillon vuole cambiare le leggi su separazione, divorzio e affido condiviso dei minori: è molto contestato su più fronti con gli stessi argomenti.

Se volessimo rimanere nell’ambito degli slogan, con cui si caratterizza questo governo, potremmo dire che “prima gli italiani purchè non siano madri e bambini” è lo slogan che si addice al ddl Pillon. Se questa legge sarà approvata, saranno infatti loro le vittime sacrificate sull’altare di una concezione della famiglia patriarcale a cui il governo del cambiamento si aggrappa per far compiere all’Italia l’ennesimo passo indietro nel tempo.

Si tratta di una proposta che, per esempio, comporterebbe per le donne con minori risorse economiche, l’impossibilità di chiedere la separazione e magari dire basta ad una relazione violenta o dolorosa. Verrà infatti cancellato l’assegno di mantenimento del genitore ”collocatario”, nella maggioranza dei casi la madre, a cui l’altro genitore – così come previsto oggi – versa ogni mese una cifra concordata per il mantenimento. Che senso può avere andare in questa direzione in un Paese dove sei donne su dieci devono accontentarsi di un lavoro part-time, dove esistono significative differenze retributive e dove è altissimo il numero di donne che escono dal mercato del lavoro alla nascita del primo figlio?  Con le nuove misure, sia alla mamma che al papà spetterà metà del sostentamento, poiché il bambino trascorrerà metà tempo con la madre e metà col padre. Sul principio della bi-genitorialità coatta a tutti i costi, l’Unione Camere Minorili ha scritto che il ddl si occupa del minore “come di un bene che deve essere diviso esattamente a metà come un oggetto della casa familiare”. Oggi la materia è regolata dalla legge 54/2006: l’88% dei bambini è in affido condiviso.

Le altre “vittime” del disegno Pillon che saranno penalizzate sono quei “figli con lo zainetto” che saranno costretti a un doppio domicilio, sballottati nella difficile gestione della conflittualità genitoriale (non potendo in alcun modo dire la loro): cosa accadrà nel caso di disparità economica tra coniugi? A quale scuola si iscriverà il minore? E se i genitori vivessero in città diverse? Questa legge dà per scontato che, se un figlio ha problemi con un genitore, la colpa è dell’altro pur in assenza di specifiche condotte di ostilità o denigrazione. E se invece esistessero, come spesso accade, motivi di rifiuto concreti di cui i genitori dovrebbero farsi carico? In sostanza non prevale il diritto del bambino a ritrovare un equilibrio e una serenità interrotte.

Il ddl presentato dal senatore Pillon è stato molto criticato e considerato non emendabile, cioè da rifiutare completamente, da diverse associazioni di avvocati, psicologi, giuristi, anche cattolici, da giudici minorili, dai centri antiviolenza e anche dalle relatrici delle Nazioni Unite sulla violenza e la discriminazione contro le donne: hanno scritto che il ddl porterebbe a una grave regressione che alimenterebbe le differenze di genere e non tutelerebbe le donne e i bambini che subiscono violenza. Nonostante le critiche, il ddl Pillon ha iniziato il suo iter in commissione al Senato.

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