Chi era in attesa del classico scherzo del Primo Aprile è rimasto deluso. A Carpi la giornata di lunedì si è chiusa come fosse un qualsiasi giorno dell’anno. Non restano che i ricordi a strapparci un sorriso come quando nel 1985 fu murata la porta d’ingresso di Ragioneria (oggi Istituto di Istruzione Superiore Meucci). Si costituì addirittura il Comitato del Primo Aprile capace di sottolineare con ironia alcune assurdità e criticità di Carpi: il discusso cordolo in cemento che divideva in due corso Fanti dipinto di rosa per il 1° aprile del 1987; la statua del generale Fanti vestita a nuovo per dileggiare i vigili, la locomotiva fucsia installata nel centro di Piazza Martiri per denunciare lo stato della linea ferroviaria Mantova – Carpi – Modena, la porta delle ex toilette del centro dipinte di rosa. A trent’anni di distanza dal primo capolavoro di scherzo, sono tornati a colpire nel 2015 quando in Piazza Martiri all’altezza del Municipio fu collocato il Quadragon, contenitore multifunzione per ogni tipo di rifiuto. Nelle istruzioni sul contenitore si leggeva: “introdurre i rifiuti come da istruzioni nelle apposite feritoie”. Così nei rifiuti ‘indigeribili’ finivano i politici generici e quelli indagati ma la raccomandazione, prima di introdurre il soggetto, è quella di verificare che 1) abbia le tasche vuote, 2) in caso di tasche piene darle in beneficenza, 3) malmenare a piacere. Nel 2016 furono gli Ultras del Carpi a sistemare un grosso stadio di cartone di quattro metri per due sul rialzato del Teatro Comunale. In campo tre giocatori: il sindaco di Modena Muzzarelli, quello di Carpi Bellelli e il patron biancorosso Bonacini. Sul cartellone la scritta: “Giocare a Carpi? Basta volerlo” perché i tifosi volevano far tornare il Carpi al Cabassi dopo la promozione in Serie A. Oggi il Carpi è in Serie B e rischia la retrocessione, ma non è certo l’unico motivo di mestizia. Il Carpigate e le inchieste giudiziarie hanno trascinato l’intera città nella bufera e chi da mesi segue le cronache cittadine non può che constatare quanto siamo scesi in basso chiedendosi se ci sarà mai fine al peggio. “Tutti possiamo fare scelte sbagliate per errore o mancanza di discernimento ma se le realizziamo con disumanità e mancanza di rispetto verso le persone implicate, allora siamo imperdonabili e non più credibili” ha scritto un saggio amico. Queste le premesse di una campagna elettorale i cui toni, messaggi, contenuti e livelli fino a oggi intristiscono. Nemmeno il Primo Aprile a sollevare il morale.
Sara Gelli