Api: le sentinelle dell’inquinamento ambientale

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I cambiamenti climatici e l’inquinamento delle città e delle campagne stanno drammaticamente modificando il mondo delle api. Vero e proprio termometro per la salute della terra, questi preziosi insetti sono alleati da difendere strenuamente, perché un mondo senza api è pressoché impensabile. Se un giorno le api dovessero scomparire, all’uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita, teorizzava Albert Einstein. Uno scenario apocalittico reso tristemente più vicino da un ventunesimo secolo capace di far registrate un drammatico calo di api: dal 25 al 50%, dagli States all’Europa. Il colpevole principale? La sindrome da collasso delle colonie, fenomeno imputabile perlopiù ai pesticidi utilizzati in agricoltura, come spiega Diego Pagani, presidente di Conapi – Consorzio nazionale apicoltori di Bologna nonché apicoltore biologico. “Vi sono certamente una serie di cause che concorrono alla sindrome dello spopolamento degli alveari; la principale è dovuta all’uso di alcuni farmaci neurotossici, i quali agiscono sui neuro ricettori delle api. Una volta contaminati, gli insetti, non riuscendo più a orientarsi, non sono più in grado di far ritorno a a casa e questo crea un progressivo spopolamento: le api bottrinatrici, infatti, che rappresentano circa i due terzi della popolazione degli alveari, si perde all’esterno e a restare sono quindi soltanto le api più giovani, spesso incapaci di far sopravvivere la colonia”.

Negli ultimi anni, anche nel nostro territorio, le api hanno sofferto, e parecchio, prosegue Pagani, “i cambiamenti climatici stanno condizionando fortemente il loro lavoro causando un calo importante nella produzione di miele ma, quest’anno, la situazione è leggermente migliorata”.

Ma se sul fronte del clima non possiamo far altro che “subire, sull’uso massiccio di pesticidi che distruggono la vita delle api, in una regione con una forte vocazione all’agricoltura, possiamo invece incidere in modo significativo. La Regione Emilia Romagna è stata pionieristica nel promuovere un tavolo di intesa tra apicoltori e industrie sementiere – sottolinea Diego Pagani – per trovare un accordo circa le modalità necessarie per garantire le coltivazioni in essere rispettando al contempo le api e gli altri insetti impollinatori”. Un impegno, quella della Regione, che prosegue. Con forza. Contrastare lo spopolamento degli alveari e i casi di moria delle api attraverso l’adozione di regole più severe sull’uso dei prodotti fitosanitari in agricoltura e individuare aree di particole interesse apistico e agroambientale in cui vietare tout court qualsiasi trattamento o consentire solo l’impiego di sostanze di cui sia comprovata la non tossicità su api e insetti pronubi, sono solo alcuni degli obiettivi del progetto di legge Norme per lo sviluppo, l’esercizio e la tutela dell’apicoltura in Emilia-Romagna varato nei giorni scorsi dalla Giunta regionale e ora in attesa dell’approvazione definitiva.

Salvaguardare le api, infatti, è fondamentale per la Natura e per la stessa sussistenza dell’uomo, perché un mondo senza questi insetti sarebbe destinato alla rovina: “per molti le api sono responsabili dell’impollinazione di circa il 70% di ciò che mangiamo ed è verissimo ma è una visione limitata. Basti pensare che noi coltiviamo un centinaio di specie botaniche per alimentarci mentre le api sono responsabili dell’impollinazione di circa 350mila specie botaniche ed è questa la vera bio diversità che loro mantengono costantemente, tutti i giorni, intorno a noi”.

Il calo produttivo di miele italiano rischia poi di facilitare la strada a nuove sofisticazioni alimentari, con miele proveniente da paesi extra Europei e, inevitabilmente, di qualità inferiore. E allora come si può difendere il consumatore da prodotti contraffatti e non salutari? “Il miele – spiega Diego Pagani – è il terzo prodotto alimentare più contraffatto al mondo e la sua adulterazione costituisce una enorme economia soprattutto in Cina. E’ molto difficile per il consumatore orientarsi, il consiglio è quello di leggere sempre attentamente l’etichetta sulla quale è riportato il paese d’origine (l’Italia è uno dei pochi paesi ad aver introdotto tale obbligo, unitamente a Grecia e Svizzera) e, possibilmente, di optare per un miele biologico certificato (ricordo che è il processo che ha portato alla produzione del miele a essere oggetto della certificazione e implica che l’apicoltore abbia rispettato un disciplinare molto rigido: dall’ubicazione delle arnie lontane da fonti di inquinamento ad api che non possono bottinare su colture intensive e trattate con agrifarmaci bensì su colture spontanee o da agricoltura biologica) in questo modo si ha la garanzia che quel prodotto è stato controllato almeno una o due volte all’anno da un ente terzo”. Anche un prezzo troppo basso deve far accendere un campanello d’allarme. “Se il prodotto costa troppo poco – conclude il presidente di Conapi – allora i casi sono due: o non sono stati rispettati i produttori o gli animali che lo producono”.

Jessica Bianchi

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