Questo è un uomo, in viaggio per Odoardo

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Aveva 37 anni, una moglie e sette figli, la più piccola di un anno, quando morì nel dicembre 1944 per aver salvato gli ebrei perseguitati dalla deportazione. Ha condiviso ogni scelta con la moglie Maria e non ha mai avuto ripensamenti, nemmeno nel periodo della prigionia e della deportazione. La famiglia resterà il suo primo pensiero nelle numerose lettere, sempre più rade man mano che si avvicina l’ultimo trasferimento verso la Germania, perché diventa sempre più difficile recapitarle a destinazione e anche questo conforto viene meno. Odoardo Focherini, nato a Carpi nel 1907, ha fatto di tutto per preservare la sua idea di umanità, la sua fede, i suoi valori nel contesto degradato della guerra e della persecuzione.  A lui, proclamato beato nel 2013, è stata dedicata la nuova edizione del Viaggio della Memoria organizzato dalla Fondazione Campo Fossoli nell’ambito delle iniziative legate all’80esimo anniversario della promulgazione delle Leggi Razziali in Italia. Oltre a Norimberga, città simbolo del Terzo Reich e sede dei famosi processi nel Dopoguerra, il viaggio (28-30 settembre) ha fatto tappa al campo di concentramento di Flossenburg, attivo dal 1938 al 1945, e alla cittadina di Hersbruck, in cui si trovava il sottocampo dove Focherini morì per setticemia. Pessime condizioni igieniche e un lavoro massacrante nelle cave, botte e sevizie riducevano l’aspettativa di vita degli internati a poco più di tre mesi.

Francesco Manicardi, giornalista e nipote di Odoardo, ha partecipato al viaggio per tradurlo in un’esperienza di storia e memoria ricostruendo, attraverso le testimonianze dei sopravvissuti, il contesto in cui ebbero fine i giorni del nonno che, con l’aiuto di Don Dante Sala, aveva salvato oltre un centinaio di ebrei. 

“Ho cercato di aiutare i miei compagni di viaggio ricostruendo episodi della vita quotidiana nei lager di Flossenburg e di Hersburck – spiega Francesco – avvalendomi delle testimonianze di coloro che sono sopravvissuti – Vittore Bocchetta, Franco Varini, Salvatore Becciu e altri – e a cui sono stati affidati i testamenti spirituali da parte di chi non ce l’ha fatta: Odoardo Focherini, ma anche Teresio Olivelli, ufficiale degli Alpini e resistente cattolico che morì a Hersbuck venti giorni dopo Odoardo. Grazie a Olivelli, che Odoardo aveva sottratto alla fucilazione in occasione dell’eccidio al Poligono di Cibeno, il testamento di Odoardo è arrivato a noi familiari ed è inciso sulla sua reliquia, custodita nella Cattedrale di Carpi”. Nella Piazza dell’Appello di Flossenburg (“dove si era costretti a rimanere in piedi per ore, nel vento e nel gelo, sotto minaccia di percosse, alla mercè dei Kapò”), nella baracca delle docce (“dove i prigionieri venivano spogliati di tutto e registrati non più come nomi ma come numeri, per Odoardo il 21518”), a Hersbruck (“il sottocampo più micidiale di Flossenburg, dove ogni giorno morivano dai 30 ai 40 deportati e la sopravvivenza era inferiore al 10%”) si è consumata l’esistenza di Odoardo e di migliaia di uomini provenienti da 23 nazioni d’Europa.   

A Hersbruck, davanti al monumento Senza nome dei deportati italiani, perché qui ogni memoria è stata cancellata, attraverso le letture di Francesco Manicardi e le riflessioni di rappresentanti istituzionali e di volontari tedeschi che custodiscono la memoria, è stato possibile riscoprire ancora una volta Odoardo, uomo capace di donare e di amare in qualunque condizione, sempre.

Sara Gelli

 
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