“Signora, lei può scegliere l’analgesia epidurale, ma non le garantiamo che al momento del parto possa essere presente un anestesista perché potrebbe essere impegnato in sala operatoria per un’urgenza”: con queste parole, dopo aver partecipato all’incontro mensile al Ramazzini, in cui vengono spiegati i rischi e benefici dell’epidurale, le gestanti vengono informate del rischio concreto che l’analgesia potrebbe non essere erogata. Un problema legato alle difficoltà di reperire medici specialisti, trasversale a diverse discipline, ma che colpisce in modo particolare gli organici delle Unità Operative di Anestesia Rianimazione. Uno scenario non dissimile a quello di altre realtà. “La carenza di medici è un problema serio, esteso a tutta l’Italia, che in questi ultimi anni sta assumendo proporzioni preoccupanti. Una questione di cui la Direzione Aziendale ha piena consapevolezza e a cui tenta di ovviare con una continua ricerca di specialisti. All’ultimo concorso bandito dall’Ausl di Modena a fine marzo per la ricerca di medici da assumere in Anestesia e Rianimazione, su 18 iscritti, si sono presentati soltanto in due. La richiesta è tale che gli specialisti possono scegliere, come sede di lavoro, l’ospedale più vicino alla loro sede di residenza; alcuni addirittura vanno all’estero. A novembre ci sarà un nuovo concorso con cui speriamo di integrare l’organico, ma i medici in circolazione sono troppo pochi” spiega il dottor Alessandro Pignatti, primario dell’Unità di Rianimazione all’ospedale di Carpi. L’inserimento del numero chiuso per regolare le iscrizioni alla facoltà di Medicina ha ridotto il numero dei laureati e le graduatorie su scala nazionale hanno complicato le cose creando un triplo imbuto all’accesso della pratica ospedaliera. Ma “la soluzione – spiega il dottor Pignatti – non è certo quella di eliminare l’accesso programmato come propone il ministro Grillo: si tratta semplicemente di pianificare gli ingressi in relazione al fabbisogno”. Il nostro territorio non fa eccezione: nell’Area Nord, che ricomprende gli ospedali di Carpi e Mirandola, di una trentina di medici previsti nell’organico dell’Unità Operativa ne mancano sei. “L’alto livello di responsabilità richiesto a un medico di Anestesia e Rianimazione è un altro motivo per cui spesso questa non è la prima scelta di chi studia medicina: si lavora sotto un’enorme pressione per garantire sicurezza agli interventi chirurgici e ridurre al minimo i rischi legati all’assistenza, operando spesso pazienti in condizioni cliniche precarie. La nostra attività si svolge completamente all’interno degli ospedali, la possibilità di libera professione, per la peculiarità della disciplina, è molto limitata, al contrario di altre specializzazioni”.
Eppure l’attività di
Anestesia e Rianimazione è fondamentale nel settore dell’Emergenza-Urgenza così come nell’ambito dell’attività programmata: l’assistenza al paziente critico che rischia la vita e richiede il ricovero in Terapia Intensiva; l’attività anestesiologica e, in particolare, in chirurgia oncologica, dove il rispetto delle liste di attesa è assolutamente necessario; l’attività di Terapia del Dolore che ricomprende anche il parto in analgesia.
“Il mio maestro era solito ripetere un bravo chirurgo merita un bravo anestesista; un cattivo chirurgo ha bisogno di un bravo anestesista. Questo è un ospedale che funziona – conclude il dottorPignatti – e la cui connotazione strutturale e organizzativa è funzionale alla rete che si è sviluppata sul territorio: ci sono competenze elevate e il Ramazzini non ha nulla da invidiare a realtà anche più grandi. Non è certo per un problema di attrattività se mancano i medici di Anestesia e Rianimazione”. Certo è che la carenza di medici ‘pesa’ di più in un’area critica come Anestesia e Rianimazione che in qualsiasi altra area medica.
Sara Gelli