Il loro gracidio rallegrava le caldi notti estive e non era raro ammirarne gli aggraziati salti a ridosso di fossi e canali. Da alcuni anni però, quella gradita colonna sonora è andata via via riducendosi, fino a zittirsi. Rane verdi, raganelle, rospi e tritoni corrono un serio pericolo: la loro progressiva e massiccia scomparsa, spiega il dottor Luigi Sala, ricercatore presso il Dipartimento di Scienze della Vita di Unimore, è imputabile soprattutto alla vulnerabilità dell’habitat al quale sono intrinsecamente legati, l’acqua. “Gli anfibi nella loro fase riproduttiva sono infatti animali acquatici. E’ nell’acqua che si riproducono e vengono deposte le uova, peraltro fragilissime ed esposte, in quanto prive di guscio. Acque che, negli ultimi decenni hanno subito un preoccupante deterioramento”. La conseguenza è sotto gli occhi di tutti gli anfibi sono fra gli animali vertebrati più a rischio estinzione. “Alcune specie, tra cui due o tre endemiche della pianura padana, e in quanto tali parte del prezioso patrimonio naturale di biodiversità italiana, sono ormai quasi perdute”, prosegue il dottor Sala. Altrettanto vale per anfibi per nulla esclusivi del nostro Paese e diffusissimi fino a qualche decennio fa sul territorio locale. “Il rospo comune ad esempio. Ingiustamente annoverato tra gli animali negletti e da distruggere, questi figli di un Dio minore che un tempo riempivano i canali di girini neri già dalla fine dell’inverno, oggi sono estinti. Anche le raganelle, veri e propri gioiellini verdi, comunemente chiamate le Ranine del signore che cantavano dalle chiome dei cespugli o sulle cime dei canneti, sono sempre più rare. Questi preziosi bioindicatori che gracidavano sia di notte che di giorno sono spariti. Il cambiamento – ammette il ricercatore universitario – è radicale, profondo, preoccupante e recentissimo. Andare a rane, infatti, è una pratica ancora ben presente nell’immaginario collettivo dei carpigiani un po’ più âgée”. Un altro fattore che ha certamente avuto un “impatto devastante” sulle varie popolazioni anfibie è stato il rilascio volontario nella fitta e intricata rete di canali del nostro territorio del Gambero della Louisiana: una specie alloctona considerata “invasiva” in quanto devastante per gli altri animali, le piante e l’intero ecosistema già alle prese con acque locali sempre più “inquinate e salate”. Il dottor Sala chiarisce però che “non è facile valutare quanto l’introduzione di questo crostaceo sia stata determinante nella scomparsa di varie specie che già in precedenza si presentavano in declino”. Un altro nemico degli anfibi è rappresentato dagli “agenti patogeni derivanti dal contatto con l’uomo”. A mietere numerose vittime in tutto il mondo è la Chitridiomicosi, patologia provocata da un fungo letale che colpisce l’epidermide degli anfibi ma, spiega il dottor Luigi Sala, “il nostro Ateneo non ha ancora studiato l’eventuale diffusione di questa micosi nelle popolazioni di anfibi che popolano il modenese, dalla collina verso l’Appennino a monte”.
Anche gli eventi atmosferici influiscono pesantemente sulla qualità delle acque superficiali della nostra pianura: i violenti nubifragi che si abbattono sempre più frequentemente sulle nostre città, soprattutto in estate, drenano le fogne cittadine il cui contenuto finisce così nella rete di acque superficiali senza essere depurato, distruggendo l’ecosistema di numerose specie di piante, pesci, anfibi e di una miriade di organismi acquatici. Il “sistema è sovraccarico” ammette il dottor Sala: “la scomparsa di alcune specie è talmente estesa che, anche quando si ricreano le condizioni per una possibile ripresa, il territorio è ormai talmente spopolato che mancano gli esemplari in grado di dare il via al ripopolamento”. In questo panorama desolante, non manca però qualche spunto positivo: “alcune popolazioni relitte di rana verde, rospo smeraldino e di tritone crestato e punteggiato sopravvivono ancora”. Le popolazioni non ritorneranno più ai livelli di un tempo ma molto si può ancora fare per cercare di correre ai ripari e tutelare la vita selvatica che resiste. “Quando s’interviene in modo opportuno – conclude il dottor Luigi Sala – la Natura risponde prontamente e si rianima con potenza”. Insomma, la prossima volta che incontrate un rospo, più che baciarlo sperando si trasformi in principe, augurategli buona fortuna: ne avrà bisogno!
Jessica Bianchi