Studentessa modello al Liceo, laureata in Scienze della Comunicazione con lode e specializzata in Cinema, Televisione e Produzione multimediale ancora una volta col massimo dei voti, all’attivo ha una collaborazione con una rivista culturale e alcune esperienze lavorative in ambito cinematografico. Carlotta Po, classe ‘91, di Carpi, ha sempre affrontato la scuola con la massima serietà, convinta che le sarebbero bastati impegno e bravura per trovare lavoro. Ma in Italia non è così. Il ramo da lei scelto è certamente molto specifico, in grado di offrire maggiori possibilità nelle grandi città, ma anche là Carlotta si è dovuta scontrare sin da subito con una realtà a dir poco scoraggiante. “Subito dopo la laurea ho iniziato a cercare un lavoro stabile. Mi sono iscritta al Centro per l’Impiego, ho inviato un centinaio di curriculum anche spaziando oltre i miei puri interessi, sia ad aziende della zona che ad altre più lontano, ma le uniche offerte disponibili consistevano in tirocini con un rimborso spese mensile di 400 euro: una cifra assolutamente insufficiente per permettermi di mantenermi, soprattutto da pendolare o da lavoratore fuori sede”.
Cosa ti aspettavi scegliendo questo corso di laurea?
“Ho azzardato nella scelta della laurea specialistica prendendo la decisione più scomoda perché ritengo che se si sceglie di studiare fino a 25 anni è giusto farlo per qualcosa che appassiona e in cui si può dare il meglio di sé. Nel mio caso il cinema.
Il cinema, come il resto dell’arte, è lo specchio del tempo e della società in cui viviamo, è indice di quello che accade e di come viene percepito, ma è anche svago, catarsi, insegnamento e cultura. Nel nostro Paese però non è visto così: si tendono a preferire a livello commerciale film che, spesso e volentieri, inneggiano all’ignoranza trasmettendo contenuti poveri, se non peggio nocivi, e in generale molta di quella che viene venduta come “cultura” in Italia va in questa direzione. Va avanti chi porta soldi e successo e spesso chi lo fa è qualcuno che ha smesso di studiare a 16 anni per fare lo youtuber. Ma i consumatori scelgono ciò che viene loro offerto e se la qualità viene oscurata è impossibile poterla scegliere”.
I tirocini gratis o a poche centinaia di euro al mese sono una pratica diffusa in tutti gli ambiti, non solo nel tuo. Quanti coetanei conosci nella tua stessa situazione?
“Tanti. Troppi. Fino a una decina di anni fa i contratti a tempo indeterminato erano una consuetudine. Oggi equivalgono a una vincita al SuperEnalotto. Fino a quando i giovani saranno visti come menti e corpi da spremere e sfruttare al bisogno, per poi essere liquidati senza troppi convenevoli, nulla di nuovo e originale avrà mai posto, sia in campo culturale che in quello professionale in generale. Non ci sarà futuro. Faccio parte di una generazione di ragazzi istruiti, preparati e specializzati nelle più disparate discipline, ma il più delle volte il massimo che ci viene offerto è un tirocinio pagato 400 euro al mese senza alcuna certezza di una futura assunzione.
Come possiamo pensare di plasmare il nostro futuro in un Paese che non ci dà alcun tipo di certezza e non ci consente di realizzarci dal punto di vista personale e lavorativo? L’aspetto più triste è che ormai tanti miei coetanei si sono rassegnati, accontendandosi di quel poco che prendono, contando sul supporto dei genitori, senza più aspirare a costruire nulla. Al contrario conosco persone che sono all’estero da qualche anno e in poco tempo hanno fatto molta più strada di quella che qui si farebbe in vent’anni. Nessuna di queste persone tornerebbe mai in Italia”.
E adesso cosa pensi di fare?
“Continuo a cercare con sempre meno speranza, ma sto seriamente pensando di trasferirmi, perché ora come ora ho solo la possibilità di fare lavoretti saltuari e temporanei come aiuto nei compiti, ripetizioni e simili. Vorrei davvero che la politica si occupasse concretamente di aiutare una generazione, la nostra, lasciata completamente alla deriva dall’inizio della crisi economica a oggi e che si ponessero dei vincoli all’utilizzo degli stage, purtroppo il più delle volte usati come escamotage per evitare di assumere personale”.
Chiara Sorrentino