Terzo trimestre del 2017 in lieve crescita per l’export dei distretti dell’Emilia Romagna (+0,9%), anche se con un incremento inferiore rispetto al totale dei distretti italiani (+4,5%). A fare il punto sono stati a Bologna gli analisti di Intesa Sanpaolo. “Si sono osservati risultati positivi nei nuovi mercati, in particolare la Cina e la Turchia – osserva Tito Nocentini, direttore regionale di Intesa Sanpaolo – da sottolineare la continua riaffermazione del mercato russo dove nei primi nove mesi del 2017 le esportazioni sono aumentate del 22,9%, grazie in particolar modo ai distretti delle macchine per l’imballaggio di Bologna e dell’abbigliamento di Rimini”.
Complessivamente ottima la situazione del settore della meccanica. Hanno registrato una crescita quasi tutti i distretti, con performance brillanti soprattutto delle macchine utensili di Piacenza (+65,8%), delle macchine agricole di Modena e Reggio Emilia (+22,2%) e una forte ripresa della food machinery di Parma (+26,6%). Bene anche i ciclomotori di Bologna (+9,7%), le macchine per il legno di Rimini (+7,9%) e le macchine per l’industria ceramica di Modena e Reggio Emilia (+7,9% secondo i dati Acimac). In leggera flessione le macchine per l’imballaggio di Bologna (-0,5%). Luci e ombre nel settore alimentare. Nel sistema moda si osserva una contrazione nell’export complessivo dei distretti a causa dell’andamento della maglieria e dell’abbigliamento di Carpi (-31,6%), mentre cresce l’abbigliamento di Rimini (+17,2%). Mette le mani avanti Marco Gasparini presidente di Federmoda in Provincia di Modena sottolineando che “bisogna considerare come vengono costruite le statistiche. I dati della Camera di Commercio confermano il segno meno ma con percentuali inferiori in riferimento al terzo trimestre. Pare che ci sia una leggera ripresa ma non è sufficiente per recuperare”.
Quali i fattori che determinano il calo delle esportazioni?
“Incide il costo della manodopera per chi produce in Italia: rispetto a un prodotto d’importazione c’è una differenza notevole che si evidenzia al momento della vendita e in un mercato che cerca il minor costo diventa conveniente un prodotto d’importazione. Col risultato che aumentano le importazioni e diminuisce la produzione fatta in Italia.
Ancor di più pesano le dinamiche di mercato su cui incidono anche gli equilibri politici: fino a tre, ormai quattro anni fa a trainare le esportazioni era la Russia ma poi è scattato l’embargo, poi è stata la volta del Medio Oriente, e così via. Non basta dare uno sguardo fuori dai confini nazionali per poter esportare la maglieria made in Carpi. Sono mercati da costruire, relazioni da intessere, prodotti da rivedere ed eventualmente da cambiare in relazione a mercati diversi”.
Quello che si sta facendo come distretto è sufficiente?
“Gli strumenti ci sono, è la congiuntura nazionale e internazionale a non essere favorevole per le nostre imprese che vogliono stare sul mercato facendo una produzione di qualità.
La tendenza oggi non è quella di rincorrere chi fa un prodotto di bassa qualità a un prezzo ridotto: le nostre aziende puntano all’alta gamma producendo una minor quantità di capi per ogni articolo ma con un elevato livello di manifattura. Il prodotto sta cambiando perché il mercato lo richiede”.
E’ quello che si intende con Made in Italy?
“Sì, anche se andrebbe più tutelato ma questo è un problema vecchio come me. Diciamo che il lavoro di un’azienda che ha delle maestranze qualificate, esperte e che sanno lavorare bene oggi viene ricercato, non riconosciuto per il giusto prezzo.
Sara Gelli