Il primo pensiero del mattino e l’ultimo della sera. Un’ossessione, distruttiva e subdola. Bere, sempre. Di continuo. Di nascosto. Ma quando è la bottiglia a cadenzare la vita di una persona, allora a soffrirne non è solo il bevitore problematico bensì tutti coloro che gli vivono accanto.
Piaga sociale dalle dimensioni preoccupanti, secondo il Ministero della Salute ad aumentare è l’abuso di alcol fuori pasto: nel nostro Paese sono oltre 3,7 milioni i “grandi bevitori”, soprattutto giovanissimi.
“Il bere compulsivo di un familiare o di un amico però, non colpisce solo l’individuo, bensì l’intero gruppo familiare. Chiunque condivida l’esistenza o la vicinanza con un bevitore problematico infatti vive in uno stato di profondo disagio, di ansia, di vergogna e di grande solitudine. Per non parlare poi della paura, qualora il soggetto diventi violento. A tali aspetti di carattere psicologico se ne associano spesso altri di carattere pratico ed economico”, spiegano alcuni membri dei Gruppi Familiari Al-Anon. Obiettivo primario dell’associazione è proprio quello di sostenere chi vive con un bevitore problematico per offrigli supporto e vicinanza. “I familiari necessitano di un vero e proprio recupero e solo quando riusciranno a ritrovare una certa dose di equilibrio avranno l’opportunità di rivestire a loro volta un importante e prezioso ruolo nell’agevolare il recupero di altri”. Al-Anon, costituitasi ufficialmente negli States nel 1951, conta oggi oltre 25mila gruppi, di cui circa 1.700 gruppi Alateen (rivolti a familiari e amici adolescenti di bevitori problematici) distribuiti in 115 Paesi nel mondo. In Italia Al-Anon è attiva dal 1976 e conta circa 420 gruppi operanti spesso unitamente a quelli degli Alcolisti Anonimi, ma in modo pienamente autonomo, in quanto possono essere frequentati indipendentemente dalla scelta di recupero del bevitore.
“L’unico requisito per far parte di un gruppo – proseguono i membri – è di avere un parente o un amico per cui l’alcol costituisca un problema. Non vi sono quote da pagare: i gruppi sono autonomi e si autofinanziano e l’anonimato è un imperativo”. Nella dimensione del gruppo ciascuno smette di sentirsi solo: uscire dall’isolamento, vincendo la vergogna, è il primo e fondamentale passo per ritrovare se stessi e lenire la propria anima. “La condivisione di esperienze comuni e la solidarietà che si sperimentano consentono di affrontare con maggior forza e consapevolezza le difficoltà quotidiane. Il gruppo ha una forza enorme. Potente”.
Jessica Bianchi