Flessibilità, sollievo e centralizzazione delle informazioni. Sono state queste le parole più ricorrenti durante il secondo incontro per la costruzione, mediante un “percorso partecipato”, del nuovo Piano sociale di Zona. Al tavolo di lavoro, dedicato a Innovazione nella rete dei servizi per gli anziani, hanno preso parte una trentina di persone: operatori socio – sanitari, assistenti sociali, medici di famiglia e ospedalieri, volontari e cittadini. Un tema, quello del progressivo invecchiamento della popolazione, che impone misure “tarate e sempre più puntuali per far fronte a bisogni in costante crescita”, ha sottolineato l’assessore alle Politiche Sociali, Daniela Depietri. A rendere possibile la creazione di una rete volta ad assistere i fragili è il “Fondo regionale per la non autosufficienza, il quale ci ha permesso – ha spiegato Rossana Cattabriga dell’Ausl – di consolidare e qualificare l’offerta esistente. Oggi però la domanda di aiuto è grandemente aumentata a causa dell’invecchiamento della cittadinanza, della contrazione delle famiglie e di una massiccia presenza di anziani soli”. Chiave di volta delle politiche sociali adottate dall’Unione delle Terre d’Argine è certamente la tutela della domiciliarità: “il mantenimento dell’anziano nella propria casa è l’elemento cardine della nostra azione. Una misura resa possibile grazie a numerosi servizi: dall’assistenza domiciliare socio – sanitaria a quella infermieristica, dalla distribuzione dei pasti ai percorsi di sollievo, alle dimissioni protette qualora insorga una patologia invalidante”, prosegue Cattabriga. Un lungo elenco a cui si aggiunge “il portierato sociale, gli assegni di cura, il piano anti-caldo, il trasporto, i centri diurni aperti anche la domenica e con orari flessibili”, le fa eco l’assistente sociale Barbara Cucchi. Ma questi servizi possono essere implementati? Come ripensarli affinché diventino ancor più rispondenti alle esigenze delle famiglie di oggi? Quali sono le problematiche maggiori? Questi gli importanti interrogativi sui quali i partecipanti al tavolo hanno disquisito, animati da un unico desiderio: migliorare la qualità di vita dei più fragili. Molti dei presenti hanno denunciato la scarsa conoscenza dei cittadini circa i servizi a loro disposizione: “è fondamentale promuovere maggiormente tale offerta affinché chi si trova nel bisogno non arranchi”, commenta Alessandro. La realizzazione della Casa della Salute potrebbe costituire una svolta in tal senso: “spesso le informazioni sono frammentarie, parcellizzate a seconda dell’istituto a cui ci si rivolge. E ciò le rende scarsamente incisive. Sarebbe necessario un unico punto di riferimento dove trovare tutte le risposte che servono e la Casa della Salute potrebbe essere il luogo ideale”, aggiunge Monica; utile potrebbe essere anche l’introduzione di un “numero verde a disposizione delle famiglie h24”, rilancia Alessandra. Tra le proposte innovative emerse nel corso della serata, “la formazione ad hoc dei farmacisti affinché diventino parte ancor più integrante nell’offrire risposte concrete sul tema della fragilità: dalla consegna a domicilio dei farmaci all’attivazione di reti di vicinato”, aggiunge Marina. I commercianti rivestono un ruolo chiave, sottolinea un’operatrice: “dal barista al panettiere, gli esercenti sono i primi a cogliere i segni del deterioramento cognitivo. Formarli è dunque strategico affinché possano dare informazioni esatte”. Auspicabile anche “la possibilità di dare alle famiglie qualche ora di sollievo nella fascia notturna” e di costituire “gruppi di giovani pensionati dediti al portierato sociale per avere gli occhi puntati sui condomini maggiormente problematici”. Attività, quest’ultima, peraltro attivata in via sperimentale, come puntualizza Depietri, “in 4 – 5 condomini di Carpi con un alto tasso di anzianità”. Perchè non prevedere “la figura dell’assistente famigliare condominiale?”, chiede Roberta. A cambiare volto dev’essere anche il volontariato, ribadisce più volte Loredana: “un volontario amico che esca dai centri sociali e diventi un nodo cruciale tra famiglie e servizi”. “Una figura, quella del volontario che, dovutamente formato a livello sanitario, potrebbe affiancare e supportare anche i medici di famiglia”, aggiunge Vanda. Fondamentale poi “rafforzare i gruppi di auto – mutuo aiuto”, sottolinea Giuliana e favorire la nascita e la valorizzazione di “luoghi di incontro per i fragili, come il Caffè della mattina ad esempio”, aggiunge Loredana. Annalena avanza invece l’ipotesi di “rimodulare l’assistenza domiciliare la quale non deve limitarsi all’erogazione di prestazioni bensì garantire una totale presa in carico del paziente”. “In Lombardia – spiega Andrea – è stato introdotto il concetto di RSA aperta: molte residenze sanitarie assistenziali, rivolte ad anziani non autosufficienti, hanno scelto di aprire le porte proponendo servizi alla comunità e al territorio. Grazie a questa novità si può, ad esempio, frequentare la struttura solo in alcune ore della giornata per assistenza e terapie specifiche, oppure richiedere assistenza domiciliare o sostegno psicologico per la famiglia o ancora terapie mirate per chi soffre di patologie come Alzheimer, Parkinson e demenza senile. Perché non fare lo stesso?”. Tra tutti i progetti che potrebbero essere approntati per arricchire l’offerta attuale emersi nel corso della serata, due spiccano: “l’istituzione di un pronto soccorso per le demenze a cui i famigliari possono rivolgersi soprattutto nei giorni festivi per evitare di recarsi all’ospedale e poter così gestire i disturbi del comportamento quando il medico di famiglia non è disponibile” e, infine, “la creazione di una piattaforma interattiva attraverso cui ciascuno può mettere a disposizione le proprie competenze ed essere contattato a seconda del bisogno. Una sorta di social network in grado di far incontrare domanda e offerta per dar così vita a un volontariato a chiamata” spiega Daniela.
Jessica Bianchi