No alle scuole ghetto. E’ questo l’obiettivo dell’Accordo di rete sull’accoglienza e l’integrazione degli alunni stranieri sottoscritto dall’Amministrazione Comunale di Carpi e dai quattro dirigenti degli istituti comprensivi cittadini. Uno strumento in più per tentare di evitare concentrazioni troppo alte di stranieri nelle classi e salvaguardare così il diritto allo studio di tutti. Primo esempio in provincia di Modena e tra i pochi in Regione, tale accordo “recepisce le linee guida ministeriali”, spiega l’assessore alle Politiche scolastiche Stefania Gasparini, e mette “nero su bianco azioni e responsabilità per favorire così il benessere dei bambini, a prescindere dalla loro origine o da quella dei loro genitori, e per tutelare il loro diritto alla formazione”. Il Patto, ribadisce più volte l’assessore, non nasce da “un’emergenza” bensì dalla volontà di dotarsi di uno strumento ulteriore per rendere le classi dei quattro comprensivi “maggiormente omogenee e con una presenza equilibrata di alunni stranieri”. L’obiettivo è quello “di ragionare in prospettiva, di farsi carico di una società sempre più complessa e mutevole”, prosegue l’assessore. Il nodo cruciale non è certo rappresentato dai piccoli nati in città che hanno frequentato la scuola d’infanzia, bensì quelli meno alfabetizzati o giunti a Carpi nel corso dell’anno scolastico: “studenti le cui difficoltà linguistiche si possono ripercuotere sull’apprendimento e sull’integrazione”. Tra le novità introdotte dall’accordo, quella più significativa riguarda certamente il cosiddetto stradario, per il quale è prevista “una rivisitazione”, sottolinea Stefania Gasparini. “Il bacino di utenza delle singole scuole (ex stradario) dovrà prevedere in origine una equa distribuzione degli alunni italiani e stranieri, comprese le iscrizioni indirizzate alle scuole paritarie, anche eventualmente in deroga alla continuità territoriale”. L’idea è semplice: “Carpi verrà suddivisa in due macro aree, Nord e Sud. Gli alunni del bacino di utenza delle singole scuole saranno prioritariamente accolti nelle scuole di riferimento al momento dell’iscrizione, fermo restando che i dirigenti scolastici potranno, per compensazione, prevedere degli spostamenti, per garantire la costruzione di classi omogenee”. Come? Promuovendo l’accoglimento di iscrizioni in esubero prioritariamente tra Istituti Comprensivi vicini, geograficamente parlando, per favorire così gli spostamenti delle famiglie. E se la presenza dei bambini stranieri in classe non costituisce certo un’emergenza (“la media degli alunni stranieri nelle nostre scuole si aggira intorno al 20-23%”, aggiunge l’assessore Gasparini) è pur vero che nel corso di quest’anno scolastico in città si sono registrate delle situazioni critiche e, soprattutto, per questioni legate alla residenza delle famiglie di origine straniera, nell’Istituto Comprensivo Carpi Centro, dove le classi in deroga (al limite del 30% di presenza di alunni stranieri) sono ben 22! “Nelle classi già formate non si può più intervenire, i bambini non possono certo essere deportati ma, pur confrontandoci con la geografia del nostro territorio, dobbiamo evitare concentrazioni di stranieri di oltre il 40% in quelle di nuova formazione, sanando gli squilibri tra i vari comprensivi”, ribadisce Gasparini. L’accordo di rete fissa un limite tendenziale del 30% (elevabile al 40%), quale percentuale di alunni stranieri accettabili al momento dell’iscrizione e quale tetto da mantenere in corso d’anno. “Tutta la comunità educante – sottolinea la professoressa Chiara Penso, dirigente dell’Istituto Comprensivo Carpi 2 – ha deciso di investire sulla coesione della rete stessa, cercando così di prevenire e far fronte alle criticità che connotano una scuola sempre più complessa, e mantenendo al contempo un monitoraggio costante ed efficace della situazione”. Un accordo che giunge “dopo anni di impegno congiunto sul tema dell’integrazione e dell’alfabetizzazione”, aggiunge il professor Tiziano Mantovani, dirigente del Comprensivo Carpi 3, e rappresenta un’ulteriore tassello affinchè “non si creino scuole di Serie A e altre di Serie B”, ribadisce la professoressa Rossana Rinaldini del Carpi Centro. Un accordo, questo, – della durata di un anno, “flessibile e aggiornabile” – che rappresenta soprattutto “un’assunzione di responsabilità. I bimbi stranieri – conclude Stefania Gasparini – non rappresentano un problema bensì una risorsa culturale e anche materiale considerato il drastico calo delle nascite registrato in città. Io comprendo i genitori italiani che in buona fede, durante l’anno scolastico hanno deciso di spostare i loro figli in classi connotate da una minor presenza di bimbi stranieri. O, ancora, i genitori stranieri che hanno trasferito i propri bambini in scuole dove la presenza della loro comunità è massiccia. Non è compito dell’Amministrazione comunale giudicare: ciascuno fa ciò che ritiene più opportuno per il bene dei propri figli ma è nostro dovere cercare di risolvere i problemi che possono generare paura e diffidenza reciproche. Il trasferimento non è l’unica risposta possibile: c’è un tema culturale di cui tutti noi dobbiamo farci carico, famiglie comprese. La paura non va giudicata ma affrontata e noi, con questo accordo, abbiamo deciso di non sottrarci a tale sfida”. La stoccata finale la lancia poi il professor Federico Giroldi, dirigente del Carpi Nord: “la scuola di oggi è profondamente mutata e non si limita più al mero trasferimento di conoscenze. Punta alla personalizzazione didattica, stimola gli studenti a dare il proprio contributo. La scuola è acquisizione di competenze in termini di apprendimento e di relazione. Una classe eterogenea è una risorsa non un problema”. A fronte di un drammatico calo delle nascite tra le famiglie carpigiane, la composizione delle classi, vero e proprio specchio della società tutta, è destinato a mutare ancora, profondamente. Possono forse essere considerati stranieri, bambini nati e cresciuti in città? Bimbi che hanno iniziato il proprio percorso formativo a partire dalla scuola d’infanzia non sono forse alfabetizzati quanto i loro coetanei figli di carpigiani? Il cambio di passo è prima di tutto culturale. La strada da fare è ancora lunga. E assai impervia.
Jessica Bianchi