Sul panino da casa a scuola si fa un gran parlare a livello nazionale dopo la sentenza di Torino che ha sostanzialmente dato il via libera al fai da te delle famiglie. Una possibilità, quella del pasto da casa consumato nella mensa della scuola, che preoccupa l’assessore all’Istruzione dell’Unione delle Terre d’Argine Paola Guerzoni perché se per il giudice il pasto risponde solo a un bisogno nutrizionale, in realtà si tratta di un servizio che ha un valore educativo e salvaguarda la salute dei bambini. In attesa che la Regione Emilia Romagna si pronunci, le scuole dell’Unione mantengono un atteggiamento di prudenza.
Ci sono stati casi nelle scuole dell’Unione?
“Si è verificato un caso in una scuola di Carpi dove un bambino si è presentato a scuola con il panino”.
Chi si occupa del servizio mensa nelle scuole?
“Cir si è aggiudicata l’appalto per tutte le scuole dell’obbligo dell’Unione delle Terre d’Argine e per gli asili nido e le scuole d’infanzia laddove non ci sia una cucina interna”.
E’ mai capitato in questi anni di dover strigliare Cir?
“Inevitabilmente ci sono state criticità nella quotidianità ma tutte risolte come, qualche anno fa, il problema della temperatura del cibo”.
I menù sono cambiati nel corso degli anni per garantire un’alimentazione più salutare. Come è andata?
“In tutta la Regione Emilia Romagna, e quindi anche nell’Unione delle Terre d’Argine, i grandi fornitori devono attenersi alle linee guida della Regione e del Sian (Servizi Igiene Alimentazione e Nutrizione) che cambiano nel tempo. Rispetto a vent’anni fa, per esempio, c’è una maggiore attenzione ai prodotti biologici, integrali, ai nuovi cereali, all’equo e solidale. I menù vengono presentati due volte all’anno nelle commissioni mensa (laddove ci sono e funzionano). Da una parte c’è dunque grande attenzione all’educazione alimentare e alla salute, dall’altra non si può prescindere dal gradimento degli alunni che si esprimono attraverso la scheda di gradibilità di cui il gestore tiene conto”.
Alla sentenza di Torino si è arrivati per questioni economiche o di qualità della mensa?
“Prevalentemente per questioni economiche ma là i pasti costano parecchio di più. Nell’Unione il costo di un singolo pasto a tariffa intera è di 5,30 euro e la tariffa ridotta è di 2,80 euro tariffa. Per ottenere la riduzione occorre presentare un’Isee uguale o inferiore a 12.000 euro (dal secondo figlio in poi iscritto al servizio anche nel caso in cui l’Isee sia ricompresa tra 12.001 e 20mila euro). Dunque, chi ha problemi economici paga un pasto completo meno di tre euro. Finora non abbiamo mai ricevuto delle proteste ufficiali di gruppi di cittadini che dicono che i pasti costano troppo e nemmeno che la qualità è scadente. Già da tempo la pasta arriva nelle scuole separata dal condimento mentre a Bologna inizieranno a breve la sperimentazione su questo fronte. Comunque un pasto completo in mensa è meglio di un panino”.
Che valore ha il momento della mensa dal punto di vista educativo?
“Il pranzo in mensa consente al bambino di assaggiare tanti ingredienti e tanti cibi diversi, garantendo una varietà che non c’è nemmeno a casa. Il provare tanti cibi e provarli insieme agli altri compagni ha un grande valore educativo. Una dieta bilanciata che comprende primo, secondo, frutta e verdura non è per nulla paragonabile a un panino. Posso aggiungere una riflessione?”.
Certo, dica…
“Considerando l’aspetto economico, se si prepara un panino a regola d’arte costa anche più di tre euro e del valore educativo di una sana alimentazione si è già detto. Non bisogna dimenticare di sottolineare i problemi organizzativi che il fai da te a mensa comporterebbe con conseguenze anche dal punto di vista economico: chi gestisce i bambini? Chi pulisce? Nella ristorazione collettiva è tutto compreso. Infine, c’è il tema della sanità: oggi ci sono bambini intolleranti, allergici e celiaci che hanno esigenze particolari a mensa e il fai da te aumenterebbe il rischio di cross contamination. Oggi la responsabilità ricade sul gestore della mensa, ma domani? Inoltre ci sarà chi mette tutti i giorni la mortadella nel panino, ma anche chi avrà bisogno del frigo per conservare l’insalata e chi del forno per riscaldare il gnocco. Tutto questo avrebbe un costo… Il diritto del singolo di portare un panino da casa andrebbe a scontrarsi coi diritti della collettività. La sentenza di Torino richiama un diritto soggettivo che non produce necessariamente un automatismo perché deve essere tutelato il diritto di tutti, anche di chi mangia a scuola”.
Insomma, il panino a scuola sarebbe una sconfitta per tutti.
Sara Gelli